Spunti di vista

Il velo: strumento di sottomissione o problema occidentale?

08.25.2015 - By Radio 24Play

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Che il velo sia un qualcosa di imposto alle donne musulmane è un pregiudizio che sta perdendo sempre più credibilità. Malala, la giovane attivista pakistana che ha vinto il Premio Nobel per il suo impegno a favore dell'educazione femminile, lo indossa con fierezza in qualsiasi apparizione pubblica, e sono molte le giovani donne musulmane istruite ed emancipate che scelgono di portarlo liberamente. È quindi importante capire ciò che questo "simbolo" realmente significhi per molte donne arabe. La vera conoscenza di questo fenomeno si presenta in modo vasto ed eterogeneo: esistono diversi tipi di velo usati dalle donne islamiche, ognuno dei quali è legato ad una determinata regione e in quanto tale ne riflette la cultura e la tradizione al di là della religione. Eppure, in Italia sono ancora molte le barriere che incontrano le donne che portano il velo: molte ragazze non vengono accettate in posti pubblici a causa del velo, magari liquidate con delle scuse. E sono ancora molti gli occidentali che pensano che queste donne non possano scegliere di loro spontanea volontà di indossare un indumento tanto "alienante" come l'hijab, se non a causa esclusiva del forte condizionamento sociale. L'emancipazione femminile delle donne islamiche è veramente legata alla liberazione da questo simbolo? E come vivono la loro quotidianità le donne musulmane? Ne parliamo con Paola Caridi, giornalista ed esperta di sistemi politici del Medio Oriente e di Nord Africa; Abdel Quader Sumaya, autrice de "Porto il velo, adoro i Queen", Youssef Salmi, ex assessore all' associazionismo, volontariato e giovani dal 2009 al 2014 al comune di Novellara (RE); Padre Giuseppe Scattolin, missionario comboniano.

In apertura, ritorniamo a parlare di università: i candidati ai test di Medicina scendono in tutta Italia, rispetto all'anno scorso si sono iscritti 3.548 giovani maturati in meno, - 28 % di iscritti rispetto al 2013, l'anno in cui è cominciato il declino. Un peso su questo fenomeno avrà avuto sicuramente il calo di posti disponibili nelle facoltà mediche, passati da 9.513 contro i 9.983 dell'anno scorso, e le irregolarità verificatesi nel 2014 nello svolgimento delle prove. L'Università Bicocca di Milano ha anche dimostrato che anche i costi sono un elemento decisivo. La media è di 55 euro, con punte di cento. Dall'altra parte ci sono anche le università straniere che non hanno limiti all'ingresso e che consentono di rientrare in Italia per proseguire Medicina, dal secondo anno, nella loro città. Ma come si può spiegare globalmente questo fenomeno? Gli studenti sono anche scoraggiati dall'incerto percorso post-laurea e dalla durata del percorso di studi? Lo chiediamo ai nostri ospiti: Santo Davide Ferrara, preside della scuola di medicina e chirurgia dell'Università di Padova; Francesco Ferrante, componente del comitato scientifico di AlmaLaurea; Domenico Montemurro, responsabile Aanaao Giovani Assomed (Associazione medici dirigenti).

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