Le vie della Resistenza a Domodossola

Antonio Mozzanino


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Sono Antonio Mozzanino, sono nato e cresciuto a Craveggia, in Val Vigezzo,  il 21 novembre 1920 e sono morto brutalmente il 19 marzo 1945, a Caddo, una frazione di Crevoladossola, in Via Casetti: avevo solo 25 anni! Ero pieno di sogni e ambizioni e non solo per me.Avevo quattro fratelli; eravamo poveri, una famiglia di contadini e pastori che vivevano in semplicità, come la maggior parte delle famiglie dell’epoca di queste valli alpine.Durante la seconda guerra mondiale, fui soldato di Artiglieria alpina nel gruppo Val d’Orco del 1° Reggimento. Nel 1943, dopo l’armistizio, rimpatriai a piedi dalla Jugoslavia  e  decisi di unirmi alla Resistenza in Ossola. Aderii prima  alla Brigata partigiana “Perotti” e poi alla “Volante alpina” dell’83a brigata “Garibaldi” con il nome di battaglia “Fulmine”, sicuramente per la mia abilità e destrezza nel muovermi in montagna, ma anche per il mio carattere  facilmente irascibile.Ero un ragazzo un po’ vivace e amavo tanto la vita!Con la Brigata “Perotti” partecipai alla difesa della Valle Cannobina, poi salii in Val Bognanco con i Garibaldini; nel frattempo mi innamorai di una ragazza vedova, di Crana, madre di due figli; avevamo deciso di sposarci e di vivere insieme, nella casa di Craveggia, dove oggi c’è una targa con scritto "Piazza Mozzanino".Molti cercarono di convincermi a fuggire da mia zia in Svizzera, ma l’amore per la patria libera fu più forte e ne pagai le conseguenze:  la mia fidanzata fu torturata dalla milizia per farsi dire dove mi nascondevo, le misero degli spilli nelle gengive e  la picchiarono quasi a morte, ma lei non parlò!Il 19 marzo 1945, con altri quattro compagni, ero di pattuglia in val Bognanco. Una soffiata comunicò che l’attacco non si sarebbe realizzato, così andammo  all’Osteria della Pace di Caddo a festeggiare il mancato scontro con le truppe tedesche, ma improvvisamente un comandante di una pattuglia fascista piombò nella sala. I  miei compagni uscirono spaventati dal retro della via e si salvarono, io uscii sulla strada e mi imbattei in circa trenta militi che mi ferirono brutalmente con pugni e calci e poi mi spararono. Mi legarono con una corda ad un veicolo e mi trascinarono prima in alcune vie di Domodossola e poi fino nei pressi della Fattoria ossolana, all’ingresso della città, dove mi abbandonarono con spregio in un letamaio come se fossi spazzatura, ma noi, contadini, sappiamo che “...dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior!”, sì, i fiori della libertà!
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Le vie della Resistenza a DomodossolaBy Scuola media "G. Floreanini"