Le vie della Resistenza a Domodossola

Paolo Ferraris


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Mi chiamo Paolo Ferraris e sono stato un avvocato che ha dato la propria vita in difesa dei perseguitati dal Regime nazifascista. Scelsi di mettere in gioco tutto me stesso e pagai di persona per quello in cui credevo, ma non me ne pento perchè ciò permise a mia figlia Paola ed a tutti i giovani come voi di vivere in un’Italia libera! 
Nacqui a Domodossola il 15 agosto 1907 in una famiglia benestante: mio padre, Silvestro Ferraris, era costruttore vigezzino e mia madre, Margherita Lolla, apparteneva  ad una facoltosa famiglia di commercianti di vini.Vissi con mia sorella Eleonora prima in Francia e poi a Torino dove frequentai il Liceo Vittorio Alfieri, con molti studenti di religione ebraica. Dopo la maturità classica, conseguii nel 1938 la laurea in Giurisprudenza. I miei amici mi chiamavano “Paul” per l’eccellente conoscenza del francese.A Torino conobbi mia moglie Dora Scheuber, russa di nascita ma di famiglia tedesca: fu un colpo di fulmine e ci sposammo nel 1936, a Nizza.
Venni assunto nello studio dell’avv. Umberto Camossi e ben presto entrai nel circolo di intellettuali frequentato da Ettore Tibaldi, medico di Pavia che sarebbe divenuto in seguito Presidente della Giunta di Governo della Repubblica partigiana dell’Ossola, e Giorgio Ballarini, direttore del tronco italiano della ferrovia internazionale “Vigezzina”.
Il 19 gennaio 1943 fui richiamato alle armi come tenente del 4° Reggimento Alpini. A Como, dove mia moglie s’era recata a trovarmi, nacque Paola, la mia prima ed unica figlia! Con l’annuncio dell’armistizio, ad Aosta il mio reggimento si sciolse ed io rientrai a casa a Creggio, una frazione di Trontano, dove decisi di collaborare con il Comitato di Liberazione nazionale per far espatriare oppositori politici ed ebrei perseguitati, ma i fascisti iniziarono a pedinarmi. 
Il 3 febbraio 1944 ospitai nella mia casa l’ultima riunione dei capi del movimento della Resistenza, tra cui il capitano Filippo Beltrami, Antonio Di Dio, l’avv. Natale Menotti e altri partigiani. Purtroppo il 6 febbraio 1944, i Carabinieri sopraggiunsero nella mia casa e mi arrestarono assieme a Oreste Zacchinel, di Masera, un nostro “passeur” ossia colui che accompagnava al confine svizzero i perseguitati e che io tenevo nascosto a casa mia dopo la sua fuga dall’ospedale in cui era piantonato. L’euforia per l’arresto non portò i Carabinieri ad una perquisizione accurata  e meno male! Non trovarono così il fucile e le mie carte che mia sorella Eleonora recuperò e consegnò ad un uomo del colonnello Attilio Moneta. Il capitano Filippo Beltrami e don Luigi Zoppetti, sacerdote e professore rosminiano, cercarono di liberarmi ma invano.
Fui trasferito a Torino al comando tedesco e poi mi deportarono in Germania, a Mauthausen, nel sottocampo di Gusen. Vissi mesi di durissimo lavoro forzato, di fame e di soprusi. La sera del 3 marzo 1945, i Kapò vennero nella mia baracca per un controllo e, trovatomi coi pidocchi, mi bastonarono a sangue fino alla morte che avvenne il giorno dopo. Riesci ad immaginare che cosa ho provato? La tua libertà è sacra come la vita di tutti quelli che sono morti per lei, ricordatelo!
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Le vie della Resistenza a DomodossolaBy Scuola media "G. Floreanini"