Aspettare la morte è subirla, farla scadere al rango di processo, rassegnarsi a una conclusione di cui ignoriamo data, modalità e scenario. Si è ben lontani dall'atto assoluto. Non c'è niente in comune tra l'ossessione del suicidio e il sentimento della morte - intendo quel sentimento profondo, costante, di una fine in sé, una fatalità del perire in quanto tale, inseparabile da uno sfondo cosmico, e indipendente da quel dramma dell'io che è al centro di ogni forma di autodistruzione. La morte non è necessariamente sentita come liberazione; il suicidio libera sempre: è culmine, è parossismo di salvezza.
Emil Cioran, Il funesto demiurgo, 1969