Cronaca della tumultuosa dimostrazione pel rincaro del pane. Un vivo malcontento serpeggiava da parecchio tempo fra le classi povere della nostra città per l'aumentato prezzo delle farine. La miseria, resa più acuta dalla mancanza di lavoro, faceva più fortemente sentire le conseguenze disastrose del rincaro. Una folla minacciosa cominciò mercoledì, giorno di mercato, a reclamare ad alte grida il ribasso dei prezzi. I più facinorosi recatisi sul posto ove lavorano molti operai per l'erigenda caserma dei carabinieri, costrinsero i lavoratori ad abbandonare l'opera per unirsi ai dimostranti. La schiera così ingrossata di numero si recò al Foro Annonario, ove si dette a saccheggiare il grano posto in vendita. Una fitta sassaiola fu diretta contro gli agenti della forza pubblica. E doveroso notare che il contegno degli agenti fu correttissimo. E fu notato il sangue freddo ammirevole del tenente dei carabinieri, che, sebbene fatto segno a ingiurie e vie di fatto, non perdette un sol momento la calma. Intervenuta la truppa si procedette ad arresti, taluni dei quali, bisogna pur dirlo, fatti a casaccio nel trambusto del momento. La folla sempre più crescente e minacciosa cominciò ad alte grida a volere il rilascio degli arrestati, i quali infatti furono uno dopo l'altro liberati tutti. Non per questo cessarono i tumulti. Parecchi si recarono sotto la casa del sindaco a lanciare sassate: il grosso della folla dimostrante si riunì sotto il palazzo comunale, emettendo grida di: Fuori il Sindaco. Il quale non uscendo, si ricominciò a lanciare sassi che facevano cadere in frantumi i vetri delle finestre. Il momento diventava veramente terribile per l'agglomeramento delle persone e l'eccitazione degli animi. Molti cittadini cercavano di mettere calma per evitare conseguenze disastrose. Trovata una panca invitarono lo studente Adinolfi ad arringare la folla tumultuante e minacciosa, per richiamarla a miti propositi. «Un popolo civile, egli disse, il quale si rispetta non deve trascendere ad atti di inutile violenza. Dalla parte vostra militano il buon diritto e la giustizia, ma se volete con simili metodi ottenere il vostro trionfo, allontanate da voi le simpatie degli onestis. Spiegò quindi che la colpa del rincaro non va attribuita agli esercenti, ma agli incettatori e ai dazi doganali di frontiera, ed affermò che solo con la partecipazione del popolo alla vita politica per patrocinare i suoi interessi, si possono estirpare i danni lamentati. Concluse, applaudito, chiedendo che si scegliesse una Commissione per parlare al Prefetto ed esprimergli i voti della popolazione maceratese. Della Commissione fanno parte l'Adinolfi, Gino Boriosi, Pietro Natali, il rag. Poloni e parecchi operai e donne. Passata a stento la Commissione attraverso la folla, si recò sul palazzo della prefettura, dove fu esposto il tutto al rappresentante del governo, il quale promise d'interessarsi della questione e di telegrafare al Governo il voto espresso per l'abolizione del dazio doganale. Uscita la Commissione, in piazza, per mezzo dell'Adinolfi, preso sulle spalle da parecchi, fece nota la risposta del prefetto. Recatasi quindi in mezzo alla ressa sul palazzo comunale, la Commissione espose al Sindaco Lazzarini la necessità di prendere provvedimenti solleciti per calmare l'agitazione. Il Sindaco promise di richiamare in vigore un regolamento comunale per la vigilanza sui prezzi del pane e delle farine, e di istituire, occor rendo, il calmiere. La risposta fu comunicata dall'Adinolfi all'enorme folla che attendeva. E dopo l'invito di questi alla calma lentamente i manifestanti abbandonarono la piazza. I negozi, le farmacie, i caffè restarono chiusi per tutta la giomata per timore di ulteriori disordini. Nella notte giunse un rinforzo di cento soldati di fanteria; e nella seguente mattina giunsero quaranta carabinieri. (Vessillo delle Marche).
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