Testo della catechesi«Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre.. ci spiegava le Scritture?» (Lc 24,32). Michelangelo Merisi, in arte Caravaggio (nome mutuato dal suo paese d’origine, sedicimila anime nel bergamasco), ci ha consegnato su tela pagine della Bibbia davvero meravigliose, tanto da richiamarne la visione, con la mente, appena le sentiamo narrate: la sola parola Emmaus ci rimanda immediatamente allo stupore di uno dei due discepoli che, a braccia spalancate, cattura l’attenzione di chi ha la fortuna di entrare alla National Gallery di Londra (tra l’altro gratuitamente) o alla Pinacoteca di Brera a Milano (questa volta pagando!). Ma chi queste due cene le ha viste entrambe, sa che la seconda – quella conservata a Milano – è più spenta della prima, quasi l’avesse dipinta un altro. Tra le due si coglie subito un passaggio dal giorno alla notte, dalla luce al buio – lui che dipinge dal vero e senza disegni preparatori, riproducendo luce e ombra come nessun artista aveva mai fatto – come mai? Se quella conservata in Inghilterra è del 1601, l’altra è del 1606. Forse in quei cinque anni è successo qualcosa nella vita dell’autore? Decisamente sì, domenica 28 maggio 1606 in Campo Marzio, a Roma, Caravaggio ha ucciso il ternano Ranuccio Tomassoni durante una partita a pallacorda, episodio che gli costa la peggiore delle condanne: morte per decapitazione, che, addirittura, poteva essere eseguita da chiunque lo avesse riconosciuto per strada. L’artista ne fu ossessionato, tanto che da quel momento nei suoi quadri iniziarono a comparire teste mozzate o condannati a morte che avevano le sue fattezze: in due occasioni il capo di Caravaggio è quello del Battista, su un vassoio sorretto da Salomè, in altre due invece quello di Golia, tenuto dalla mano di Davide. Nel primo capitolo di Genesi (1,4), con la separazione della luce dalle tenebre, del giorno e della notte, ha inizio il tempo. «L’arte è fatta per turbare. La scienza rassicura», afferma il pittore cubista francese Georges Braque, amico di Picasso, e la luce è lo strumento più incisivo che Caravaggio ha scelto per turbare le coscienze. Luce e ombra nel Merisi sono sinonimo di grazia e peccato, lui che ha incarnato il celebre binomio “genio e sregolatezza”, traduzione italiana della commedia francese Kean ou Désordre et génie, ispirata alla vita dell’attore inglese Edmund Kean (1787-1833), famoso per le sue stravaganze e i suoi disordini morali, con la differenza che quelle di Michelangelo Merisi furono capolavori, non stravaganze. Di quali disordini morali stiamo parlando allora? Premesso che la sua “sregolatezza” cresce di pari passo con la fama (fino al 1600 era infatti incensurato), se dovessimo brutalmente descriverne la vita “in pillole”, quelle però più amare, potremmo quasi tracciarne la carta d’identità attraverso le innumerevoli malefatte: a 29 anni viene querelato per aver assalito un giovane a bastonate; l’anno dopo ferisce una guardia durante una rissa, mentre nel 1604 ne prende a sassate un’altra e viene incarcerato a Tor di Nona; successivamente con la spada ferisce alla testa un notaio, dopo un litigio a causa di una donna chiamata Lena (Maddalena Antognetti), in seguito una delle sue amanti e modelle; il 24 ottobre 1605 viene ferito lui, questa volta, alla gola e all’orecchio sinistro.. interrogato rifiuta di fare la spia, sostenendo di essersi fatto male da solo (?!), ma ormai la sua spada è diventata strumento opposto e complementare al pennello: tenebra e luce, ancora una volta. L’anno seguente, infatti, durante l’ennesima rissa ucciderà il Tomassoni. Ma torniamo alla sua “Bibbia su tela”: 45 delle 79 opere lasciateci – conservate in 11 Paesi diversi, più della metà in Italia, di cui ben 26 a Roma – sono infatti prettamente bibliche, dato che la committenza del tempo era per lo più religiosa. Tra i soggetti più rappresentati spicca Giovanni il Battezzatore, ben 11 volte, seguito dalla Vergine con 7, l’evangelista Matteo e Maria di Magdala 4 volte, ...