Il 25 novembre e il primo dicembre 1944 Cornalba, piccolo Comune della Valle Brembana, fu teatro di un duplice rastrellamento compiuto da militi fascisti nel corso dei quali vennero trucidati 15 partigiani della brigata “24 Maggio” di Giustizia e Libertà. Il primo rastrellamento riguardò l’abitato di Cornalba e provocò la morte di dieci partigiani mentre il secondo ebbe come obiettivo una baita sul monte Alben (detta Casinet) e costò la vita ad altri cinque partigiani.
Il progetto "Vite sospese" vuole raccontare, attraverso dei podcast, come sarebbe stata la vita di questi partigiani caduti.
In questo episodio si racconta la "vita sospesa" di Giuseppe Biava.
Nato a Seriate il 14 novembre 1923, ha un fratello più giovane Giacomo, vive a Bergamo ed è studente universitario. Per evitare di essere richiamato alle armi, nell’autunno del 1943, si rifugia a Cornalba. La scelta di questa località non è casuale perché lui e la sua famiglia conoscono bene il paese. Da qualche anno, infatti, a Cornalba trascorrono i periodi di vacanza proprio nella Cà Bianca (che diventerà sede del Comando partigiano della “24 Maggio”) dove Giuseppe ha conosciuto ed è diventato amico fraterno di Giovanni Battista Mancuso e dei fratelli Gino e Piero Cornetti. È una persona aperta, generosa, con un grande ascendente sui giovani del posto tanto che attorno a lui si raccoglie un piccolo gruppo di ragazzi che condivide le sue idee antifasciste e quando sull’Alben si stabilisce il primo nucleo di partigiani della Brigata “24 Maggio” si unisce a loro. Il comandante gli aveva affidato la custodia del magazzino e incaricato della provvista dei viveri. È il primo partigiano ad essere trucidato nella tragica giornata del 25 novembre 1944. Giuseppe Biava, con Barnaba Chiesa e Antonio Ferrari, sta viaggiando sulla corriera di linea diretta a Bergamo quando, all’altezza di Rosolo, vengono fermati dall’autocolonna fascista della 612ª Compagnia Op (Ordine Pubblico), che sta salendo verso Cornalba, comandata dal tristemente noto capitano Aldo Resmini. Riconosciuto, brevemente interrogato e malmenato, viene immediatamente giustiziato sul posto. I funerali si svolgono a Bergamo il 7 luglio 1945 nella parrocchia di S. Alessandro in Croce partendo dalla sua abitazione di via Pignolo n. 9.
La salma verrà successivamente tumulata a Pedrengo dove lo zio materno aveva un mulino e dove la famiglia tornava frequentemente.