Paul Graham: il pifferaio magico dei nerd

Il Ritorno del Mac // Return of the Mac


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Traduzione in italiano di Alfonso Martone dall’essay originale di Paul Graham "Return of the Mac" [Marzo 2005].

La lettura dell'articolo è di Irene Mingozzi.

Tutti i migliori hackers (sviluppatori) che conosco stanno gradualmente passando al Mac. Un intero gruppo di ricerca del MIT si è dotato di Powerbook, me lo conferma Robert, un amico che fa parte proprio di quel gruppo. E non si tratta di persone che lavorano nel campo della grafica o di nonnette che compravano i Mac durante la crisi Apple nella metà degli anni novanta, no. Si tratta invece dei migliori sviluppatori di sistemi operativi che potete immaginare.

Il motivo, ovviamente, è OS/X. Quei Powerbook hanno un design stupendo, e ci gira FreeBSD. Che cosa si può chiedere di più?

Io stesso ho rimediato un Powerbook verso la fine dell'anno scorso. E quando si guastò l'hard disk del mio Thinkpad, il Powerbook è diventato il mio unico computer portatile. E quando l'amico Trevor venne a trovarmi a casa recentemente, aveva un Powerbook identico al mio.

Per i più, non si è trattato di "passare" ad Apple, ma di "tornarvi". Sarebbe stato alquanto difficile da credere, nella metà degli anni novanta, che il Mac sarebbe diventato il computer canonico di ogni sviluppatore.

Nell'autunno del 1983, un professore di uno dei miei corsi di informatica disse con aria da profeta che avremmo presto potuto usare un computer con mezzo MIPS di potenza di calcolo, talmente piccolo da stare sotto un sedile in aereo, e sarebbe costato così poco che ne avremmo potuto comprare uno lavorando durante l'estate. Tutti, nell'aula, restarono sbigottiti. E quando comparve il Mac, fu perfino meglio di quanto avremmo potuto sperare: piccolo, potente ed economico, proprio come promesso, ma che aveva anche qualcosa che noi non avevamo mai considerato: un design assolutamente favoloso.

Sentivo che dovevo assolutamente averne uno anch'io. E non ero il solo a desiderarlo. Nella seconda metà degli anni ottanta, tutti gli sviluppatori che conoscevo, o stavano scrivendo software per Mac o volevano scriverne. Su ogni divano alla Cambridge sembrava esserci lo stesso grosso libro bianco aperto a metà, e a girarlo per vederne la copertina vi si leggeva "Inside Macintosh".

Poi vennero Linux e FreeBSD, e gli sviluppatori - che seguono sempre il più potente sistema operativo in circolazione - si ritrovarono a passare ai computer basati su Intel. Se il design era un fattore importante, si poteva comprare un Thinkpad, che magari non era del tutto repellente - a condizione di staccarne gli adesivi "Intel" e "Microsoft".

Ecco OS/X, e riecco gli sviluppatori. Quando sono andato nell'Apple Store a Cambridge, è stato un po' come tornare a casa. Molte cose erano cambiate, ma c'era sempre quella freschezza di Apple nell'aria, quella sensazione che il tutto era tenuto su da gente che ci teneva davvero, piuttosto che i soliti commerciali a caccia di vendite.

"E allora?", sento chiedere ai rivenditori, a cui magari potrà non interessare se gli sviluppatori vogliono di nuovo Apple. Quanto sarà grande questo mercato per gli sviluppatori, dopotutto? Certo, è alquanto piccolo, ma è importante in proporzione alla sua grandezza. Quando si tratta di computer, quello che gli sviluppatori fanno oggi, lo faranno tutti entro dieci anni. Tutta la tecnologia, da Unix alle interfacce grafiche e al web, è diventata popolare prima nei dipartimenti di informatica e laboratori di ricerca, e subito dopo si è diffusa gradualmente al resto del mondo.

Ricordo che nell'86 dissi a mio padre che c'era un nuovo tipo di computer chiamato Sun, che era una macchina Unix seria, ma era così piccola ed economica che potevi averne una tua e lavorarci a casa anziché stare con un VT100 connesso ad un grosso Vax. Magari, gli dissi, avrebbe dovuto investire un po' in azioni di quella compagnia. Penso che oggi si stia ancora mordendo i gomiti per non avermi dato ascolto.

Nel 1994 il mio amico Koling aveva la fidanzata a Taiwan, e per poterle parlare risparmiando sulle telefonate intercontinentali scrisse un software per convertire il suono in pacchetti di dati da far passare sulla rete. All'epoca non eravamo sicuri che questo non fosse un uso improprio di Internet, che qui all'epoca era ancora un'entità quasi-governativa. Quello che lui faceva allora, oggi è chiamato VoIP, ed è un business enorme ed in rapida crescita.

Se vuoi sapere quello che la gente comune farà coi computer fra dieci anni, fatti una passeggiatina al dipartimento di informatica di una buona università. Qualsiasi cosa stanno facendo, prima o poi la farai anche tu.

Quanto alle "piattaforme", questa tendenza è ancora più marcata perché il software più serio origina sempre dai grandi sviluppatori, che tendono a scriverne su qualsiasi computer si trovino ad utilizzare. Ed è il software a far vendere l'hardware. Molte vendite dell'Apple II, se non la stragrande maggioranza, furono per persone che volevano far girare VisiCalc. E perché Bricklin e Frankston scrissero VisiCalc per l'Apple II? Semplicemente perché a loro piaceva quel computer. Potrebbero avere benissimo scelto una qualsiasi altra macchina, e l'avrebbero ugualmente fatta diventare famosa.

Se vuoi che gli sviluppatori scrivano software che farà vendere il tuo hardware, devi fare qualcosa che loro vorranno usare. Non basta più neppure farlo "open". Deve essere open e deve essere buono.

Il Mac è di nuovo entrambe le cose - finalmente. Questi anni hanno creato una situazione che, per quanto ne so, è senza precedenti: Apple è famosa ai livelli alti e a quelli bassi, ma non a quelli intermedi. Mia madre, settant'anni, ha un laptop Mac. I miei amici laureati in informatica, hanno dei laptop Mac. Ciononostante, la quota di mercato della Apple è tuttora piccola.

Oltre che senza precedenti, oserei dire che questa situazione è solo temporanea.

Dunque, caro papà, c'è un'azienda che si chiama Apple. Fanno un nuovo tipo di computer che ha un design pari a quello degli stereo Bang & Olufsen, e dentro c'è la migliore macchina Unix che uno possa volere. Sì, il prezzo è alto, ma sono sicuro che un sacco di gente li comprerà.

Note



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Paul Graham: il pifferaio magico dei nerdBy Irene Mingozzi