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IL SACRO CHIODO DI COLLE VAL D'ELSA di Don Stefano Bimbi
I Sacri Chiodi o Santi Chiodi sono quelli usati nella crocifissione di Gesù. Sono reliquie molto venerate dalla Cristianità, insieme alla Vera Croce e al Titulus Crucis.
Fu Sant'Elena, madre dell'imperatore Costantino, a ritrovare le reliquie della Passione durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa tra il 327 e il 328. Il primo riferimento scritto a queste reliquie risale al 395 in un'orazione pronunciata da Sant'Ambrogio che le menziona nel discorso funebre per l'imperatore Teodosio.
Nel VI secolo, a Costantinopoli, esistevano tracce della venerazione di più Sacri Chiodi. Tradizionalmente, i Sacri Chiodi sono ritenuti quattro, poiché si pensa che, durante la crocifissione, a ciascun piede fosse infisso un chiodo separato. Il metodo di crocifissione praticato al tempo di Gesù, infatti, seguiva l'uso riservato agli schiavi sia presso i Greci che presso i Romani fin dall'epoca precristiana. Tale tecnica prevedeva l'affiancamento dei piedi, anziché la loro sovrapposizione (come invece sembrerebbe suggerito dalla Sacra Sindone), rendendo necessario l'impiego di quattro chiodi in totale. Il commediografo latino T. Maccio Plauto, nel III sec., in Mostellaria, chiariva: «affinché siano inchiodati alla croce due volte i piedi, due volte le braccia». Anche san Cipriano nel Sermo de Passione Domini, sempre nel III secolo affermava: «con i chiodi che trapassarono i santi piedi».
Nonostante in Europa siano una trentina le reliquie venerate come Sacri Chiodi, i quattro principali sono considerati quello conservato nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, quello nella corona ferrea a Monza, quello sospeso sopra l'altare maggiore del Duomo di Milano e infine quello del duomo di Colle di Val d'Elsa in provincia di Siena. Questo vuol dire che gli altri sono falsi? Assolutamente no. Non deve sorprendere il fatto che i Sacri Chiodi venerati siano molteplici. In un'epoca di profonda fede come il Medioevo, si sentì la necessità di moltiplicare queste reliquie per rispondere al desiderio ardente dei cristiani di possedere un segno tangibile della Passione di Cristo. È documentato infatti che, utilizzando limature o frammenti dei Sacri Chiodi autentici, vennero forgiati altri chiodi per essere distribuiti alla devozione dei fedeli. Altro modo di moltiplicare le reliquie era per contatto. Bastava prendere un chiodo e metterlo a contatto con un Sacro Chiodo. Ad esempio San Carlo Borromeo donò parecchi chiodi che erano stati a contatto con il Sacro Chiodo di Milano. A Colle di Val d'Elsa l'uso di creare nuove reliquie per contatto si diffuse a tal punto che nel 1683 le autorità proibirono che qualunque oggetto toccasse il Sacro Chiodo. Va tenuto conto che si possono considerare comunque degni di venerazione sia queste reliquie "prodotte" a partire dai Sacri Chiodi originali, sia altri chiodi che, sebbene non abbiano sostenuto il corpo di Gesù, siano però serviti comunque per la crocifissione, ad esempio quelli con cui vennero connesse le parti della Croce o quello con cui fu affissa la tavoletta col Titulus Crucis.
COLLE DI VAL D'ELSA
Tornando ai quattro Sacri Chiodi principali, essi sono dunque conservati a Roma, Milano, Monza e Colle di Val d'Elsa. Visto che in quest'ultima città sono nato e che la mia famiglia vi abita almeno dal 1400, vorrei narrarne più approfonditamente la storia.
Colle di Val d'Elsa è il comune della Toscana sulla strada tra Firenze e Siena che ha dato i natali ad Arnolfo di Cambio, famoso scultore e architetto. Il Sacro Chiodo che vi si venera è un chiodo di ferro di circa ventidue centimetri di lunghezza, munito ad un'estremità della capocchia ed all'altra ancora appuntito, intaccato e piegato in prossimità della punta. Nelle descrizioni di questa reliquia riportate nei documenti ufficiali sempre si parla di Unus ex Clavis quo crucifixus est Dominus Noster Jesus Christus. Cosi nelle bolle dei papi Eugenio IV, Callisto III, Sisto V, Urbano VIII, Clemente X. Molto probabilmente si tratta del chiodo che trafisse il piede sinistro di Gesù.
La preziosa reliquia giunse in Val d'Elsa nel IX secolo grazie a un vescovo franco che la ricevette dalle mani di un pontefice negli anni successivi alla morte di Carlo Magno. Durante il viaggio di ritorno il vescovo morì a Viterbo affidando il prezioso chiodo a un sacerdote originario del contado colligiano. L'insigne reliquia ebbe subito un grande culto. Tra i devoti spicca l'arciprete Sant'Alberto da Chiatina che resse il clero di Colle dal 1177 al 1202, quando morì "crocifisso" da lunghe sofferenze corporali sopportate con esemplare pazienza tanto da essere definito il Giobbe della Valdelsa, il cui corpo si trova nel duomo dove è conservato il Sacro Chiodo. In alcuni documenti dell'epoca il Sacro Chiodo è stato detto "Chiodo del Beato Alberto".
La preziosa reliquia si trova ancora oggi custodita in un semplice bucciolo di canna, lo stesso che l'avvolgeva quel lontano giorno in cui il Sacro Chiodo passò dalle mani del vescovo franco a quelle del sacerdote colligiano. Sembra che questo contenitore fosse una parte della canna usata per porgere l'aceto a Gesù sulla croce. Quel che è certo è che quando i canonici provarono a mettere la reliquia in un contenitore diverso, cioè un reliquiario d'argento, il Sacro Chiodo fu ritrovato miracolosamente nel vecchio bucciolo di canna. Oggi la reliquia è conservata dentro di esso e posta all'interno di un pregevole forziere d'argento, raffinata opera di oreficeria fiorentina datata 1628. Al suo interno si trovano anche, perfettamente conservati, gli antichissimi guanti di lana indossati nel XII secolo da Sant'Alberto e utilizzati da tutti i suoi successori fino ad oggi per maneggiare la sacra reliquia. Il forziere è custodito in un apposito tabernacolo ed è protetto da cinque chiavi. In passato due di esse erano conservate dal Comune, una dal vescovo e le rimanenti dai canonici. Nel 1868 il Comune, in pieno clima risorgimentale, rinunciò a tale diritto in nome della separazione tra Stato e Chiesa e come segno di disprezzo della devozione popolare.
FATTI STRAORDINARI
Numerosi sono i fatti straordinari e le grazie attribuite nel corso dei secoli alla venerazione del Sacro Chiodo, molti dei quali documentati con cura. L'insigne reliquia veniva solennemente invocata nei momenti più drammatici della storia cittadina. Emblematico è l'episodio della peste che colpì Colle nel 1527. Ogni giorno si contavano tra i trenta e i quaranta morti. La gente era stremata e impaurita, ma in quel momento venne presa una decisione coraggiosa e carica di fede: portare in processione per tutta la città la sacra reliquia. C'erano tutti: uomini, donne, l'intero clero. E tutti camminavano scalzi, in segno di penitenza e devozione profonda. Non c'erano a quell'epoca autorità sanitarie e decreti governativi a bloccare il popolo che si riuniva per pregare. Ogni passo era un atto di speranza lanciato contro la malattia che mieteva vittime senza sosta. E il miracolo avvenne, la peste si fermò. Non un altro morto. Non un nuovo contagio. Testimoni oculari lasciarono racconti scritti a futura memoria.
Con questa stessa devozione furono affrontate guerre come durante l'assedio degli Aragonesi nel 1479, la carestia del 1540 ed ogni sorta di calamità naturali come siccità o, al contrario, piogge troppo abbondanti. Si contano inoltre tante e frequenti guarigioni, incluse liberazioni dalle insidie dei demòni che innanzi al Sacro Chiodo si contorcono e fuggono poiché, secondo l'affermazione di S. Ambrogio tale è la «virtù infusa da Dio in tutti i Chiodi della Crocifissione».
Un episodio singolare accadde durante l'episcopato di monsignor Niccolò Sciarelli. Il vescovo, di chiare idee gianseniste, si mostrava contrario non solo al culto del Sacro Chiodo, ma in generale a quello di tutte le reliquie. Per questo disprezzava la festa del Sacro Chiodo, così amata dal popolo. Accadde però che nel 1796 proprio durante la celebrazione liturgica della solennità dell'Esaltazione della Santa Croce, in cui tradizionalmente si venerava il Sacro Chiodo, fu colpito da paralisi e fu costretto ad abbandonare il governo della diocesi.
LA TRADIZIONE
Ancora oggi a Colle di Val d'Elsa la seconda (o la terza) domenica di settembre si celebra la festa del Sacro Chiodo che inizia con un triduo di preparazione con Messe e catechesi appropriate. La domenica c'è poi la festa vera e propria con i vespri presso la concattedrale di Colle di Val d'Elsa a cui segue la Santa Messa solenne concelebrata dai sacerdoti del paese e presieduta da un vescovo o un cardinale. Segue la processione organizzata dalla Centuria del Sacro Chiodo fondata nel 1645. Sovrastata da un baldacchino, in mano al celebrante, la sacra reliquia viene portata per le vie della città. Arrivati al baluardo che sovrasta il resto dell'abitato si procede con la benedizione dei quattro angoli della città con il Sacro Chiodo. Poi si torna in duomo e il popolo canta l'inno sacro che inizia così: "Su, cantiamo, cantiamo fratelli, l'inno sacro all'amata Reliquia". Mentre il ritornello invoca: "O dolcissimo pegno d'amor, rendi a Colle propizio il Signor". Nel mentre il Sacro Chiodo viene inserito in un reliquiario di vetro e i fedeli si accostano con devozione baciando la sacra reliquia in segno di venerazione. Ai soli sacerdoti è concesso il privilegio di baciare direttamente il Sacro Chiodo senza il reliquiario di vetro.
La Festa del Sacro Chiodo è un'opportunità per i devoti di immergersi in un'atmosfera di contemplazione, mentre si onora una reliquia sac