Ci sono luoghi che sembrano vivere di vita propria. Luoghi che non si limitano a esistere nello spazio, ma che respirano, osservano e ricordano. E il vecchio manicomio ricorda tutto. Ricorda i passi frettolosi degli infermieri nei corridoi, le preghiere sussurrate dietro le porte delle celle, i silenzi pesanti come la pietra. Ricorda gli occhi vuoti dei pazienti, persi tra la nebbia dei trattamenti sperimentali e l’eco di un dolore che nessuna cura avrebbe mai potuto lenire.
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