Tra le righe di De André

Il testamento di Tito: la legge di Dio inchiodata


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In una delle canzoni più colte e profonde di De André, e di tutta la musica italiana, Faber immagina le ultime parole di Tito, il cosiddetto ladrone buono, il suo lascito alla terra prima di morire sulla croce: letteralmente quindi, il suo testamento.

Tito compie una sorta di ultimo esame di coscienza ed elenca uno ad uno tutti i dieci comandamenti, ricordandone le parole e inchiodandone l’ipocrisia e la loro distanza dalla religione di cui avrebbero davvero bisogno le persone comuni.

La critica alla legge di Dio risulta ancora più feroce e impietosa, se messa a confronto con l’unico comandamento dell’uomo che stava morendo proprio al suo fianco: la legge meno divina tra quelle elencate, eppure quella più potente, che consente di creare il paradiso in questo mondo, e non nell’aldilà.

Il suo unico rimpianto alla fine sarà solo aver compreso troppo tardi, letteralmente nei suoi ultimi istanti di vita, quanto il perdono sia un elemento straordinario: eppure, sarà sufficiente questo a garantirgli la salvezza. Tutto il messaggio della Buona Novella verrà magistralmente riassunto nell’ultima frase pronunciata da Tito prima di spirare: nella pietà che non cede al rancore, madre, ho imparato l’amore.

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