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Traduzione in italiano di Davide Cecchini dall’essay originale di Paul Graham "Copy What You Like" [Luglio 2006].
Durante il liceo passavo un sacco di tempo ad imitare pessimi scrittori. All’ora di Inglese studiavamo principalmente romanzi, dunque davo per scontato che questo fosse in assoluto il miglior genere di scrittura. Questo era il primo errore. Le storie considerate più importanti di solito erano quelle in cui le persone soffrivano nei modi più disparati. Tutto ciò che era divertente o accattivante era di per sé sospetto, a meno che non si trattasse di qualcosa di abbastanza antico da essere difficile da comprendere, come Shakespeare o Chaucer. Errore numero due. Sembrava che la miglior forma letteraria possibile fosse il racconto breve, forma che ho poi scoperto aver avuto una durata piuttosto limitata, più o meno coincidente con l’età d’oro della pubblicazione delle riviste. Ma, dato che erano brevi, i racconti erano il tipo di testo ideale per essere utilizzato a scuola e quindi finivamo per leggerne un sacco, il che ci dava l’impressione che il racconto breve fosse un genere in forte ascesa. Terzo errore. E, dato che erano brevi, nel racconto non è che potesse accadere molto: tutto ciò che poteva essere mostrato erano degli episodi di vita molto casuali, e questo veniva considerato qualcosa di sofisticato. Errore numero quattro.
Ho trascorso gran parte del College studiando filosofia. Ero molto impressionato dai saggi filosofici che venivano pubblicati sulle riviste specialistiche. L’impaginazione era bellissima, ed avevano uno stile affascinante - un alternarsi di stile semplice e passaggi traboccanti di tecnicismi - che ti sorprendeva come se, camminando per la strada, all’improvviso tu fossi trascinato nel metafisico. Non capivo nemmeno questi scritti, però immaginavo che ci sarei arrivato più tardi, quando avrei avuto il tempo di rileggerli con più attenzione. Nel frattempo, facevo del mio meglio per imitarli. Adesso mi rendo conto quanto fosse un tentativo destinato a fallire, dato che, in realtà, quelli scritti non dicevano niente. Nessun filosofo, ad esempio, ha mai smentito un altro filosofo perché nessuno ha mai detto qualcosa di abbastanza definito da poter essere confutato. Ovviamente, anche le mie imitazioni erano vuote di significato.
Durante gli anni di specializzazione continuavo a voler imitare le cose sbagliate. Al tempo era in voga un certo tipo di programma, gli Expert System - i Sistemi Esperti - che si basavano su qualcosa chiamato “motore di inferenza”. Cercai di capire cosa fossero e pensai “Potrei racchiudere tutto questo in un migliaio di righe di codice”. Allo stesso tempo, eminenti professori scrivevano libri sugli Expert System, e le startup che vendevano questi sistemi si facevano pagare l’equivalente di un anno di stipendio per ogni licenza. Che grande opportunità, pensai! Queste cose complesse mi riescono facili, devo essere proprio un tipo sveglio. Sbagliato. Era semplicemente una moda passeggera. Quei libri scritti dai professori oggi vengono completamente ignorati e non sono stati nemmeno precursori di qualcosa di interessante. E i clienti che pagavano così tanto per i Sistemi Esperti erano in gran parte uffici della Pubblica Amministrazione abituati a pagare centinaia di dollari per un set di cacciaviti o per un’asse del water.
Come evitare di imitare le cose sbagliate? Imita solo ciò che ti piace davvero. Se lo avessi fatto, mi sarei salvato in tutti questi tre casi: non mi piaceva leggere i racconti brevi; non imparavo niente dai saggi di filosofia; e per quanto riguarda gli Expert System, nemmeno li utilizzavo per le mie cose. Ero convinto che queste tre cose fossero importanti perché erano ammirate dagli altri.
Separare ciò che ti piace da ciò che ti impressiona può essere difficile. Un trucco è ignorare il modo in cui qualcosa viene presentato. Quando vedo un quadro esposto in un museo, mi chiedo: quanto sarei disposto a pagare se fosse in vendita in un mercatino, sporco, senza cornice, e senza la minima idea di chi lo abbia dipinto? Se vi aggirate in un museo facendo questo esperimento, rimarrete sorpresi dal risultato. E non pensate che questo esempio si applichi solo in questo caso.
Un’altro modo per capire cosa vi piaccia davvero è vedere quali siano le cose di cui godete profondamente come un guilty pleasure, un vostro piacere segreto. Molto di ciò che piace alle persone, in particolare a chi è giovane e ambizioso, viene apprezzato soprattutto per il senso di virtù che genera. Il novantanove percento di chi legge l’Ulisse di Joyce lo fa ripetendosi “Sto leggendo l’Ulisse”. Un piacere profondo, nascosto, invece è qualcosa di più essenziale. Cosa leggete quando non lo fate per sentirvi virtuosi? Quali sono i libri che leggete e per i quali vi dispiace che ne rimanga solo metà, anziché compiacervi del fatto di essere già arrivati a metà? Solo i primi sono quelli che vi piacciono davvero.
Quando provate ad imitare qualcosa c’è un’altra trappola nella quale non dovete cadere. Assicuratevi di imitare gli aspetti buoni e di evitare i suoi difetti. È facile rischiare di imitare i difetti, perché sono più evidenti e, tra l’altro, anche più facili da copiare. Ad esempio, nel XVII e XVIII secolo la maggior parte dei pittori utilizzava i toni del marrone. Questo perché si ispiravano ai grandi pittori del Rinascimento, i cui dipinti all’epoca erano ingialliti per lo sporco. Da allora, i dipinti del Rinascimento sono stati restaurati e riportati ai colori brillanti; quelli degli imitatori ovviamente sono rimasti marroni.
Per puro caso, è stata proprio la pittura ad insegnarmi a non imitare le cose sbagliate. A metà della specializzazione decisi che volevo diventare un pittore, solo per poi scoprire che il mondo dell’arte era totalmente corrotto, il che finì per rompere la mia credulità. Questa gente faceva sembrare i professori di filosofia scrupolosi come dei matematici: si trattava di scegliere fra voler provare a realizzare qualcosa di buono oppure cercare di far parte di una cricca, il che mi obbligò ad aprire gli occhi sulla differenza fra i due approcci. Questo tipo di mentalità esiste a diversi stadi in tutti i campi, ma da allora ho cercato di evitare di dovermici confrontare.
Questa è una delle lezioni più importanti che ho appreso grazie alla pittura: devi capire da solo ciò che è buono. Non puoi fidarti delle autorità: su ciò che è buono ti mentiranno sempre.
Traduzione in italiano di Davide Cecchini dall’essay originale di Paul Graham "Copy What You Like" [Luglio 2006].
Durante il liceo passavo un sacco di tempo ad imitare pessimi scrittori. All’ora di Inglese studiavamo principalmente romanzi, dunque davo per scontato che questo fosse in assoluto il miglior genere di scrittura. Questo era il primo errore. Le storie considerate più importanti di solito erano quelle in cui le persone soffrivano nei modi più disparati. Tutto ciò che era divertente o accattivante era di per sé sospetto, a meno che non si trattasse di qualcosa di abbastanza antico da essere difficile da comprendere, come Shakespeare o Chaucer. Errore numero due. Sembrava che la miglior forma letteraria possibile fosse il racconto breve, forma che ho poi scoperto aver avuto una durata piuttosto limitata, più o meno coincidente con l’età d’oro della pubblicazione delle riviste. Ma, dato che erano brevi, i racconti erano il tipo di testo ideale per essere utilizzato a scuola e quindi finivamo per leggerne un sacco, il che ci dava l’impressione che il racconto breve fosse un genere in forte ascesa. Terzo errore. E, dato che erano brevi, nel racconto non è che potesse accadere molto: tutto ciò che poteva essere mostrato erano degli episodi di vita molto casuali, e questo veniva considerato qualcosa di sofisticato. Errore numero quattro.
Ho trascorso gran parte del College studiando filosofia. Ero molto impressionato dai saggi filosofici che venivano pubblicati sulle riviste specialistiche. L’impaginazione era bellissima, ed avevano uno stile affascinante - un alternarsi di stile semplice e passaggi traboccanti di tecnicismi - che ti sorprendeva come se, camminando per la strada, all’improvviso tu fossi trascinato nel metafisico. Non capivo nemmeno questi scritti, però immaginavo che ci sarei arrivato più tardi, quando avrei avuto il tempo di rileggerli con più attenzione. Nel frattempo, facevo del mio meglio per imitarli. Adesso mi rendo conto quanto fosse un tentativo destinato a fallire, dato che, in realtà, quelli scritti non dicevano niente. Nessun filosofo, ad esempio, ha mai smentito un altro filosofo perché nessuno ha mai detto qualcosa di abbastanza definito da poter essere confutato. Ovviamente, anche le mie imitazioni erano vuote di significato.
Durante gli anni di specializzazione continuavo a voler imitare le cose sbagliate. Al tempo era in voga un certo tipo di programma, gli Expert System - i Sistemi Esperti - che si basavano su qualcosa chiamato “motore di inferenza”. Cercai di capire cosa fossero e pensai “Potrei racchiudere tutto questo in un migliaio di righe di codice”. Allo stesso tempo, eminenti professori scrivevano libri sugli Expert System, e le startup che vendevano questi sistemi si facevano pagare l’equivalente di un anno di stipendio per ogni licenza. Che grande opportunità, pensai! Queste cose complesse mi riescono facili, devo essere proprio un tipo sveglio. Sbagliato. Era semplicemente una moda passeggera. Quei libri scritti dai professori oggi vengono completamente ignorati e non sono stati nemmeno precursori di qualcosa di interessante. E i clienti che pagavano così tanto per i Sistemi Esperti erano in gran parte uffici della Pubblica Amministrazione abituati a pagare centinaia di dollari per un set di cacciaviti o per un’asse del water.
Come evitare di imitare le cose sbagliate? Imita solo ciò che ti piace davvero. Se lo avessi fatto, mi sarei salvato in tutti questi tre casi: non mi piaceva leggere i racconti brevi; non imparavo niente dai saggi di filosofia; e per quanto riguarda gli Expert System, nemmeno li utilizzavo per le mie cose. Ero convinto che queste tre cose fossero importanti perché erano ammirate dagli altri.
Separare ciò che ti piace da ciò che ti impressiona può essere difficile. Un trucco è ignorare il modo in cui qualcosa viene presentato. Quando vedo un quadro esposto in un museo, mi chiedo: quanto sarei disposto a pagare se fosse in vendita in un mercatino, sporco, senza cornice, e senza la minima idea di chi lo abbia dipinto? Se vi aggirate in un museo facendo questo esperimento, rimarrete sorpresi dal risultato. E non pensate che questo esempio si applichi solo in questo caso.
Un’altro modo per capire cosa vi piaccia davvero è vedere quali siano le cose di cui godete profondamente come un guilty pleasure, un vostro piacere segreto. Molto di ciò che piace alle persone, in particolare a chi è giovane e ambizioso, viene apprezzato soprattutto per il senso di virtù che genera. Il novantanove percento di chi legge l’Ulisse di Joyce lo fa ripetendosi “Sto leggendo l’Ulisse”. Un piacere profondo, nascosto, invece è qualcosa di più essenziale. Cosa leggete quando non lo fate per sentirvi virtuosi? Quali sono i libri che leggete e per i quali vi dispiace che ne rimanga solo metà, anziché compiacervi del fatto di essere già arrivati a metà? Solo i primi sono quelli che vi piacciono davvero.
Quando provate ad imitare qualcosa c’è un’altra trappola nella quale non dovete cadere. Assicuratevi di imitare gli aspetti buoni e di evitare i suoi difetti. È facile rischiare di imitare i difetti, perché sono più evidenti e, tra l’altro, anche più facili da copiare. Ad esempio, nel XVII e XVIII secolo la maggior parte dei pittori utilizzava i toni del marrone. Questo perché si ispiravano ai grandi pittori del Rinascimento, i cui dipinti all’epoca erano ingialliti per lo sporco. Da allora, i dipinti del Rinascimento sono stati restaurati e riportati ai colori brillanti; quelli degli imitatori ovviamente sono rimasti marroni.
Per puro caso, è stata proprio la pittura ad insegnarmi a non imitare le cose sbagliate. A metà della specializzazione decisi che volevo diventare un pittore, solo per poi scoprire che il mondo dell’arte era totalmente corrotto, il che finì per rompere la mia credulità. Questa gente faceva sembrare i professori di filosofia scrupolosi come dei matematici: si trattava di scegliere fra voler provare a realizzare qualcosa di buono oppure cercare di far parte di una cricca, il che mi obbligò ad aprire gli occhi sulla differenza fra i due approcci. Questo tipo di mentalità esiste a diversi stadi in tutti i campi, ma da allora ho cercato di evitare di dovermici confrontare.
Questa è una delle lezioni più importanti che ho appreso grazie alla pittura: devi capire da solo ciò che è buono. Non puoi fidarti delle autorità: su ciò che è buono ti mentiranno sempre.