Nel cuore selvaggio dell’Engadina, tra le rocce a strapiombo e i boschi impenetrabili, finalmente eccoti al Kurhaus Tarasp. Ti hanno detto che è un’imponente testimonianza dell’epoca d’oro del turismo termale, ma già adesso vedi che è molto di più: una visione, una conchiglia svuotata che appoggiata all’orecchio rimbomba ancora delle risate e delle conversazioni degli ospiti illustri che un tempo riempivano i corridoi e i saloni dell’hotel. Mentre cammini tra i sentieri che costeggiano il parco termale, hai la sensazione di percorrere un luogo sospeso nel tempo: che all’improvviso, da un momento all’altro, gli ospiti ritorneranno. Le strutture che un tempo ospitavano le terme, le sale da pranzo e persino la chiesa costruita per i villeggianti, sono rimaste immutate, integre, isolate come un tempo. In effetti, cammini senza fare rumore. Parli a bassa voce, ammiri l’enorme complesso quasi di soppiatto: la solitudine, qui, si sente ancora. Si sente il declino iniziato con la prima guerra mondiale, l’afflusso sempre minore dei turisti, il progresso della medicina e la perdita di fascino delle cure termali di Kurhaus. È impressionante, tutto questo silenzio, tutta questa vita passata per le sue sale: e così deve aver sentito anche chi, nel 2023, ha deciso di dargli un’altra chance. Oggi, il vecchio edificio termale è diventato la «Fundaziun Nairs», una casa per artisti che accoglie opere d’arte contemporanea da tutto il mondo. Cammini tra le sale che un tempo ospitavano i bagni termali, circondato da opere d’arte e piscine, e senti il continuo rimando a immagini di un altro tempo. Appoggi la conchiglia all’orecchio, guardandoti attorno: senti lo sciabordare di quando il Kurhaus Tarasp era il grande hotel termale.