Commento a Atti 13, 44-52
Noi ci voltiamo ai pagani
Siamo il sabato dopo il racconto precedente, ancora ad Antiochia di Pisidia. Città di traffico, che collega Efeso alla Cilicia, ha una forte e antica presenza di Ebrei. Sotto Augusto divenne una colonia romana della Galazia. Pare che le donne avessero un certo influsso più che altrove. Accedevano anche a cariche pubbliche.
La scena è preparata dalla sospensione di una settimana di attesa. In sei giorni Dio ha fatto il mondo. Tra un sabato e l’altro cosa può succedere!? Luca è un raffinato scrittore, anzi pittore, che cura i dettagli e vivacizza la scena. Quando occorre, come in questo caso, sa essere sublimemente stilizzato. Con poche e bevi pennellate – in realtà ogni riga è un quadro essenziale e solenne - presenta il senso di ciò che Paolo, “rematore della Parola”, farà nel seguito del libro. Innanzitutto nella sinagoga conviene “quasi tutta la città”. È una “visione” della sua missione futura, che vuol portare alla conoscenza della verità tutti gli uomini, senza escludere nessuno. Lo “zelo” che Paolo aveva per difendere la tradizione dai cristiani (Fil 3,6), ora ce l’hanno contro di lui i suoi connazionali. Ciò che dà fastidio è il successo dei nuovi missionari: se il sabato precedente già “molti” giudei e proseliti avevano seguito Paolo e Barnaba, ora c’è “quasi tutta la città”. Cosa verrà fuori da questa contaminazione di massa, senza il filtro e il criterio della legge di Mosè, ossia della “legge naturale”, come diciamo noi (cf. v.39 sulla giustificazione mediante la fede e non le opere della legge!)?
Sarà il tema delle sue lettere e il senso del mistero taciuto per secoli eterni e ora rivelato (Rm 16,25; Ef 3,1ss): nel Figlio Dio si rivela Padre di tutti e a tutti manifesta il suo amore e dona salvezza. In questo testo avviene la svolta epocale del cristianesimo. La promessa ad Israele di diventare “luce dei pagani e salvezza degli estremi confini della terra” (Is 49,6), si compie ora nella discendenza di Abramo, nella quale saranno benedetti tutti i popoli della terra (Gen 12,3).
Ma questa benedizione viene non mediante l’assimilazione di tutti alla legge, bensì mediante la grazia di Cristo che “ci ha riscattati dalla maledizione della legge”. Si è fatto “lui stesso maledizione” (Gal 3,13) per aprire a tutti la via della fraternità propria dei figli di Dio.
Questo passaggio dalla legge al Vangelo non è mai compiuto una volta per tutte. È un cantiere che deve restare sempre aperto nella storia personale. Se lo chiudiamo e non ci convertiamo quotidianamente alla grazia, ci areniamo nell’autosufficienza religiosa e incorriamo nel rimprovero di Paolo ai Galati: “Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella legge; siete caduti dalla grazia” (Gal 5,4). È una svolta mai compiuta anche nella storia della Chiesa. Non certo per cattiveria, ma certo per inganno e grave danno. Oggi questo è chiaro a tutti, tranne che a quelli che ne sono vittime.
Più di vent’anni fa è morto un mio caro amico gesuita, P. Tomaso Beck. Era ebreo e fu battezzato dopo il 1945. Egli ripeteva che i preti e i religiosi di qualsiasi rango, invece di leggere i documenti fatti da loro, devono leggersi almeno una volta alla settimana la lettera ai Galati. Altrimenti decadono, automaticamente e a fin di bene, dalla grazia di Dio alle norme stabilite da loro. Ancora oggi che difficoltà uscire dalla religiosità della legge per schiudere a tutti la figliolanza di Dio! Sembra che la Chiesa, invece di aprirsi alla fraternità con tutti, si trinceri di siepi e cavalli di frisia. Infatti cerca la propria identità in se stessa, invece che nel Padre di tutti e nel Figlio che si fa fratello di tutti, cominciando dagli esclusi. È proprio dell’egoista chiudersi in se stesso, producendo divisione; è proprio di chi ama aprirsi all’altro, creando relazione. Il cristianesimo non si diffonde “mangiando” gli altri, per assimilarli a sé. Dobbiamo avere lo spirito di Paolo, che si fa “tutto a tutti”.
L’attuale scristianizzazione dell’occidente è dovuta non al laicismo, ma al clericalismo di chi vuol omologare tutti alle proprie leggi. Sembra che si voglia fare un “frullato di cuori e cervella”, invece di fare comunione nella diversità. Lo stesso Concilio Vaticano II°, ultimo atto di suprema autorità della Chiesa cattolica, è addirittura omologato a un povero catechismo. C’è il rischio di essere in molti con mentalità settaria, mentre la prima Chiesa erano in pochi con mentalità universalistica.
Rimane ancora e sempre vero quanto scrive Paolo ai romani di allora: “Il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra tra i pagani, come è scritto” (Rm 2,24; Is 52,2). È costante questa tentazione “antropofagica e antropoemica” – così lontana da Gesù e così umana per noi, come lo fu anche per Pietro e compagni. Solo un po’ alla volta e con grandi resistenze (basta leggere i cc. 10-15 degli Atti) la prima Chiesa si apre al mondo pagano. Queste resistenze oggi “impediscono” l’azione di Dio che salva il mondo (cf. At 10,47; 11,17). Non ci si accorge che, con molta devozione, si tradisce la Tradizione: alla grazia si sostituisce surrettiziamente la legge della discriminazione. L’appartenenza a una monocultura è diventata ormai nostro feticcio, chiamato l’irrinunciabile, il valore non negoziabile ( cf. At 10,14!).
Per questo motivo Paolo, nel resto degli Atti, sarà scacciato e perseguitato da molti zelanti correligionari ebrei e, a quanto pare, anche cristiani (cf. 2Tm 4,16.11 “Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato”, tranne Luca).
Ma proprio questo suo essere “scacciato” lo renderà testimone della “pietra scartata” sino agli estremi confini della terra. D’ora in poi gli Atti presenteranno la corsa della Parola di grazia che si va disseminando in tutto il mondo grazie a Paolo e compagni che la testimoniano con franchezza.
DIVISIONE
a. v. 44: quasi tutta la città si riunisce per ascoltare la Parola
b. v. 45: la gelosia…
c. v. 46: la frase programmatica della seconda parte degli Atti: ecco, noi ci rivolgiamo ai pagani
d. v. 47: motivazione dalla Scrittura per questa svolta torica
e. v. 48: i pagani ascoltano e si fanno credenti
f. v. 49: il messaggio si diffonde
g. vv.50-51: i messaggeri sono scacciati e scuotono la polvere
h. v.52: la neonata comunità, perseguitata nei capi, è piena di gioia e Spirito Santo.