Commento a Atti 15, 1-12
Noi crediamo che per grazia siano salvati allo stesso modo anche i pagani
È la svolta storica del cristianesimo. È il superamento di ogni barriera religiosa-culturale, sociale e di genere. Scrive Paolo in Gal 3,28s. “Non c’è più né giudeo né greco (=pagano), né schiavo né libero, né maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa”. È il mistero eterno di Dio, Padre di tutti, che ci fa tutti fratelli nelle nostre diversità. È il mistero, “taciuto per secoli eterni” (Rm 16,25-27), e rivelato dal Figlio, che sulla croce ha abbattuto ogni separazione della legge e distrutto nella sua carne ogni inimicizia, creando in sé di tutti “un solo uomo nuovo” (Ef 2,11-21). In lui siamo una creazione nuova. Siamo figli nel Figlio e abbiamo tutti accesso allo Spirito. L’amore del Padre e del Figlio si effonde su tutto l’universo, perché “Dio sia tutto in tutti” (1Cor 15,28).
Questa è la novità del Vangelo. La prima riflessione sistematica sull’argomento è la lettera ai Galati, approfondita poi nella lettera ai Romani e in tutte le altre lettere paoline.
C’è voluto del tempo – il tempo dell’esperienza ampia descritta nei primi 15 capitoli degli Atti – perché il seme del Vangelo attecchisse, crescesse e maturasse nel cuore dei discepoli. È stata una storia di iniziative, equivoci e (in)comprensioni successive, che il Signore stesso ha portato avanti in prima persona. Dio è Signore della storia. Sua fatica è aprirci gli occhi perché vediamo la realtà invece delle nostre idee, ossia dei nostri idoli.
Il cammino è stato lungo e graduale. La prima Chiesa è tutta di Giudei, uguali agli altri, che però credono Gesù come l’inviato di Dio. Ad essi sono assimilati i proseliti. I primi pagani convertiti probabilmente si facevano anche circoncidere. Successivamente, proprio ad Antiochia, non si impose più la circoncisione e l’assimilazione culturale ad Israele. Sono “giustificati mediante la fede in Gesù Cristo” (Gal 2,16; at 13,39): “Dio purifica i loro cuori mediante la fede” (at 15,9).
Il Concilio di Gerusalemme toccherà due problemi, sempre attuali. Il primo è dogmatico: la salvezza, per tutti, giudei e non, è dalla fede e non dalla circoncisione o dall’osservanza della legge ad essa connessa (Gal 5,3). Per tutti la porta alla salvezza è la grazia di Cristo. A questa i Giudei arrivano con la loro tradizione: sono i primi eredi della promessa e dell’alleanza. Gli altri vi accedono solamente per la fede. Non sono due vie “parallele” di salvezza: sono due vie che convergono nella stessa promessa fatta ad Abramo, padre dei credenti.
Il secondo problema è pratico: a quali condizioni i cristiani non circoncisi e circoncisi – giudei o proseliti – possono mangiare insieme.
NB.: Il c.15 di Luca, in continuità con lo stile della Chiesa primitiva nelle scelte di Mattia e dei diaconi ( at 1,15ss ; 6,1ss), è un modello di come agisce la Chiesa nelle scelte importanti. Nel concilio di Gerusalemme si descrive bene come nascono e si affrontano i conflitti.
Contestazioni e crisi sono inevitabili. La Chiesa è un corpo unico, di cui tutti siamo membra, nella nostra diversità. Come ogni corpo sano, cresce e crescerà sino alla sua “statura piena” (cf Ef4,14). E ogni crescita, come con l’adolescente, comporta difficoltà per accettare la nuova identità e conflitti con quella vecchia. Come si procede?
Anche la nostra epoca post-moderna impone alla Chiesa un salto di qualità. Non è una semplice confronto tra progressisti e tradizionalisti, come non lo fu quello tra Antiochia e gli zelanti di Gerusalemme. È in gioco la fede stessa: la salvezza è per tutti ed è mediante la fede, a prescindere di tutte le leggi sacrosante della tradizione. C’è sempre pericolo di tradire la Tradizione in nome del tradizionalismo che impedisce che sia trasmessa al mondo d’oggi. La tradizione deve sempre restare viva e adattarsi a tutte le situazioni, perché nessuno sia escluso. Diversamente è una mummia, imbalsamata e venerata, ma comunque morta e incapace di generare vita.
1. I vecchi da Gerusalemme vengono per criticare e condannare la novità. È normale. Essi hanno la tradizione. Il frutto, anche se viene dal seme, è diverso dal seme.
2. I sostenitori del nuovo insorgono vivacemente. E giustamente. Dio, come ha parlato ai tempi antichi, ancora continua a parlare nel tempo presente.
3. La comunità nuova non rompe, ma invia i suoi rappresentanti e Gerusalemme per mantenere l’unità.
4. Paolo è sicuro che il Vangelo è unico (Gal 1,1ss), antico e sempre nuovo, come la vita. La porta della salvezza è una sola: la grazia della fede in Gesù, che realizza la promessa ad Abramo, anche se ognuno vi accede per la sua via.
5. Paolo, Barnaba e quelli con loro, partiti da Antiochia – dove è nato il nome “cristiano” –, vanno a Gerusalemme e nel viaggio raccontano alle altre Chiese la conversione dei pagani. Tutti li ascoltano con grande gioia.
6. A Gerusalemme Pietro prende la Parola e difende Paolo raccontando la sua esperienza con Cornelio, tutta opera di Dio.
7. Si risolve il problema non condannando qualcuno o facendo teorie, ma partendo dall’esperienza e cercando come stare insieme.
8. Si comprende meglio che il vangelo è per tutti e bisogna aver misericordia anche per chi non capisce la novità o non può accettarla per sé. Non deve però negare gli altri.
9. È da notare che i tradizionalisti sono chiamati “setta” ( in greco “airesis”, ossia eresia), perché “sceglie” una parte e pone una siepe che esclude l’altra. La loro tentazione è negare “la cosa nuova che Dio fa” e negare Dio stesso, che è Padre di tutti.
10. I “novatori” non sono una setta perché accettano la posizione dei tradizionalisti come legittima per loro, secondo la loro cultura e la loro tradizione.
11. Molti movimenti tradizionalisti, se si chiudono al nuovo, non sono né cattolici né cristiani sono “eretici”.
12. Oggi il salto culturale da compiere per la Chiesa è maggiore di quello che si è compiuto nel passaggio tra Gerusalemme e Antiochia. Se non facciamo questo salto e torniamo indietro, Paolo ci direbbe come ai Galati: “Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate a un altro Vangelo. In realtà però non ce n’è un altro; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il Vangelo di Cristo” (Gal 6,1ss).
13. Nella Chiesa oggi è necessario più coraggio. Si rischia di chiamare progressisti persone che vanno in direzione contraria a quella richiesta dalla situazione. A meno che si voglia guidare in retromarcia.
DIVISIONE
a. v. 1: alcuni vogliono imporre ai cristiani di Antiochia la circoncisione
b. vv. 2-4: insurrezione e non piccola controversia di Paolo e Barnaba
c. vv.5-6: la setta dei farisei vuol imporre la circoncisione e la legge
d. vv. 7-11: Pietro racconta la sua esperienza e si oppone
e. v. 12: Paolo e Barnaba raccontano la loro esperienza