Commento a Atti 18, 18-28
Congedatosi dai fratelli (di Corinto) salpò verso la Siria.....trascorso del tempo (ad Antiochia) partì...
Il testo, assai articolato e con vari personaggi e relativi spostamenti, ci presenta la conclusione del secondo viaggio di Paolo e l’inizio del terzo (rispettivamente vv. 22-23). Luca approfitta di questo interludio per dare informazioni sulle caratteristiche di Paolo, apostolo evangelizzatore. L’intrusione poi di Apollo fa vedere chi è il dottore, chiamato anche lui a conoscere bene la storia di Gesù. I Vangeli infatti sono nati per capire le parole di Gesù che risuonano nell’eucaristia: “Questo è il mio corpo dato per voi”. Il suo “corpo” infatti è protagonista unico di tutti i Vangeli. Il Cristiano deve conoscerlo per capire, assimilare e vivere ciò che celebra. Deve imparare con “precisione” e “per ordine” “le cose riguardanti Gesù”, ossia quanto “Gesù cominciò a fare e dire”, per testimoniarlo agendo e parlando come lui. Il senso di queste parole dell’inizio del Vangelo e degli Atti (cf Lc 1,1ss; At 1,1ss) affiorano anche qui dove si parla di Apollo. Si può ipotizzare che Luca abbia deciso di scrivere il Vangelo e gli Atti dopo conosciuto Apollo ed essersi riconosciuto in lui. L’eco di queste parole risuona pure nel finale degli Atti (At 28,31), facendone un unico libro con il Vangelo.
Dopo l’esito favorevole del processo intentato contro di lui, Paolo rimane ancora molti giorni a Corinto. Ormai il suo secondo viaggio apostolico volge al termine. Dopo un anno e mezzo di annuncio a tempo pieno, si congeda dai fratelli di Corinto. Riprende la via del ritorno: s’imbarca per Efeso, dove fa una sosta con promessa di tornare. Arrivato a Cesarea, va a salutare quelli di Gerusalemme e torna ad Antiochia. Da lì riparte il suo terzo viaggio per “confermare tutti i discepoli” (v.23). Alla fine di questo viaggio Paolo maturerà il proposito di andare a Roma (At 19,21). In queste poche righe c’è la sintesi del suo viaggiare senza sosta per annunciare a “tutta l’Asia” Minore il Vangelo. Percorrerà, via mare e via terra, più di 4.000 kilometri!
A Corinto ha fondato e formato una comunità fiorente, ricca di doni, capace di camminare sulle proprie gambe, senza puntelli. Ma non l’abbandona a se stessa. Restano Sila e Timoteo. All’occorrenza si fa vivo anche lui con lettere splendide, per incoraggiare, puntualizzare e correggere, ricordando e spiegando il Vangelo. La lettera è presenza, sempre disponibile, di un assente. Non solo per i destinatari, ma anche per noi e tutte le chiese. L’apostolo, via lettera, si dilata nello spazio e nel tempo: la Parola viaggia e si dissemina sia dalla bocca di chi parla che dallo scritto in chi lo legge e ascolta. Il lettore della lettera diventa a sua volta una lettera di Cristo: ”È evidente che voi siete una lettera di Cristo, servita da noi, scritta, non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori” (2Cor 3,3). Chi ascolta la Parola, diventa Parola: essa ci “dà il potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12).
Paolo non è un pastore: è un apostolo, inviato ad evangelizzare. Scrive ai Romani: “Mi sono fatto un punto d’onore di non annunziare il Vangelo se non dove ancora non era giunto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui, ma come sta scritto: ‘Lo vedranno coloro ai quali non è stato annunziato e coloro che non ne avevano sentito parlare, comprenderanno’ ” ( Rm 16,20s; Is 52,15).
Questo atteggiamento non è causato da sua instabilità o insofferenza nelle relazioni. Paolo, come padre/madre che ama i suoi figli, non vuol legarli a sé. Li vuole liberi e adulti, capaci di amare come sono amati. Li considera fratelli. Infatti terrà sempre con loro un rapporto di vera amicizia fraterna. Sono uguali a lui, suoi pari: “ Diventate imitatori miei, come io lo sono di Cristo “(1Cor 4,16; 11,1). Quando però sono fragili o perduti, non esita a tornare madre che partorisce di nuovo i suoi figli (1Ts 2,7s; Gal 4,19s). E torna anche ad essere padre, che si preoccupa, incoraggia e stimola (1Ts 2,11s). Dice a quelli di Corinto, divisi tra loro in fazioni di appartenenza ad uno o all’altro maestro: “Potreste anche avere diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri, perché sono io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il vangelo” (1Cor 4,14s).
La sua mobilità è la stessa del Figlio, amato dal Padre, che vuol svelare a tutti il suo amore, perché possano essere salvati e condurre una vita nell’amore di Dio e del prossimo. Confessa infatti a quelli di Corinto: “L’amore di Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro” (2Cor 5,14s).
Dimora dell’apostolo è il cammino per le vie del mondo. Con lo stesso amore del Padre e del Figlio vuol arrivare sino agli estremi confini della terra. È sempre in cerca dei fratelli perduti, che ama con lo stesso amore di Gesù, il Figlio che ama tutti e ciascuno come il Padre. Splendida è la sua apologia di “apostolo” in 2Cor 2,14-7,18; 10,1-13,13, dove descrive le peripezie del suo ministero e la sua sollecitudine per tutti.
Ora Paolo parte verso la Siria. Prende con sé Priscilla e Aquila. I suoi datori di lavoro sono diventati suoi collaboratori nell’annuncio. Sono persone preparate, in grado di istruire anche un retore di fama. Priscilla e Aquila ad Efeso istruiscono infatti Apollo, che poi va in Grecia a continuare il suo lavoro di “dottore” nelle comunità fondate da Paolo.
Paolo, arrivato ad Antiochia di Siria, da dove era partito, riparte per visitare e rafforzare nella fede le comunità da poco evangelizzate. È il suo terzo viaggio apostolico (18,23-20,38). Questo viaggio si svolgerà negli anni 54-58.
Per capire meglio la differenza tra apostolo, dottore è utile citare Paolo stesso: “ Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere” (1Cor 3,6-9). L’apostolo è quello che pianta il seme della Parola, il dottore quello che irriga spiegandola, Dio è il sole che fa crescere, anzi il seme stesso che cresce in noi. L’uomo infatti è humus, il campo di Dio.
DIVISIONE
a.a. vv. 18-21: partenza da Corinto, voto a Cencre e arrivo ad Efeso dove lascia Aquila e Piscilla
b. vv. 21b-22: Paolo salpa per Cesarea, va a Gerusalemme e scende ad Aniochia: fine del 2° viaggio
c. 23: da Antiochia parte per il 3° viaggio, attraversando Galizia e Frigia
d. vv. 24-26: nel frattempo Apollo ad Efeso è istruito da Priscilla e Aquila
e. vv. 27-28: a Corinto Apollo, “dottore”, aiuta nella fede quelli che hanno creduto.