Commento a Atti 19, 8-22
Quando queste cose furono compiute Paolo propose nello Spirito ... di andare a Gerusalemme
Il testo è una sequenza di scene che descrivono le caratteristiche del ministero di Paolo ad Efeso. I tre anni (52 al 55 d.C.) che vi trascorse rappresentano l’apice del suo lavoro apostolico. Il successo è grande. Luca potrà dire che “tutti gli abitanti dell'Asia, giudei e greci, udirono la Parola del Signore” (v.10). Efeso resterà fino al terzo secolo la Chiesa più significativa d’oriente.
Proprio qui avvengono due “separazioni” o distacchi, determinanti per Luca.
Il primo è il distacco dalla sinagoga - per altro non voluto ma subìto (vv. 8-10) -, che non vuol essere definitivo (cf. Rm11,1ss,). Destinatari della promessa sono e restano i figli di Abramo, nella cui discendenza saranno benedetti tutti i popoli della terra (Gen 12,3).
Il secondo è il distacco dal mondo della magia, di cui Efeso era la capitale. Infatti i testi magici, anche se in gran parte composti in Egitto, erano chiamati da Plutarco “ ta ephesia grammata (scritti Efesini)”.
Dopo aver battezzato 12 discepoli di Giovanni Battista, per tre mesi continua liberamente il suo lavoro nella sinagoga. Ma per l’opposizione di chi non vuol credere e sparla della “Via”, la comunità cristiana è costretta a separarsi dalla sinagoga e trasloca nella “scuola di Tiranno” (vv. 8-9). Da Efeso, luogo di transito dell’Asia minore, e partendo da questa scuola la Parola si diffonde tra tutti gli abitanti dell’Asia – non solo pagani, ma anche giudei (v.10).
La prima comunità di Efeso, come quella di Gerusalemme, è ricca di portenti straordinari, con guarigioni ed esorcismi. Paolo, come Pietro e gli altri apostoli, liberano gli uomini da malattie del corpo e dello spirito. Il vero prodigio però è il nuovo stile di vita di una comunità fondata sull’amore invece che sull’interesse: è l’opera dello Spirito, che ci rende figli di Dio e fratelli di tutti (vv.11-12).
La storia dei sette figli di Sceva è istruttiva. Il nome di “quel Gesù che Paolo annuncia”, opera solo mediante chi ha fede nella sua Parola, ossia attraverso le mani di chi lo conosce, ama e segue. Non può essere usato in modo magico (vv. 13-17). Molti, vedendo ciò che è accaduto ai sette figli di Sceva, passano dalla magia alla fede in Gesù e bruciano una quantità impressionante di libri di magia.
La magia è più comune di quanto si creda tra le persone religiose di ogni credenza. Il rafforzarsi della Parola del Signore vince il male e sbugiarda la magia. Questa è la perversione della fede: invece della relazione di fiducia con Dio, cerca di averlo in mano, mediante il potere “magico” di formule, riti, parole, osservanze, oroscopi, amuleti, santini… (vv. 18-20).
Compiute queste cose, sorge nel cuore di Paolo il proposito di salire a Gerusalemme (v.21; cf. Lc 9,51!)). E’ lo snodo fondamentale della sua attività che, come per Gesù, si compirà nella passione. Per il Maestro sarà a Gerusalemme e per lui a Roma, dove da Gerusalemme arriverà in catene.
Il Maestro testimonierà l’amore del Padre nel punto più lontano da Dio: sulla croce dei malfattori. Il discepolo testimonierà l’amore del Figlio “agli estremi confini della terra”: a Roma, centro del potere mondano e cuore del mondo pagano.
Paolo vede nel viaggio da Gerusalemme a Roma la realizzazione simbolica del mandato di Gesù ai suoi apostoli (vv. 21-22): testimoniarlo da Gerusalemme agli estremi confini della terra. Il movimento da espansione dal centro (Gerusalemme) alle estreme periferie del mondo (Roma!) è il programma che Gesù ci ha lasciato (cf.At 1,8). Paolo lo ha esemplarmente realizzato.
Il suo cammino resta il modello perenne della Chiesa che, in forza dello Spirito, incarna il Figlio nel mondo, fino a quando Dio sarà “tutto in tutti” (1Cor 15,28). Questa è la nostra attesa ! Ma quando verrà il regno di Dio, quando tornerà il Signore? Quando lo riconosceremo nell’ultimo degli uomini (cf. Mt 25,31ss).
Grazie alla testimonianza della Parola, giorno dopo giorno “nascono cieli nuovi e terra nuova (Is 66,22), nei quali avrà stabile dimora la giustizia” (2Pt 3,13). La Parola ci offre di nuovo ciò che tutti abbiamo perso e nel profondo desideriamo: la verità nostra e di Dio. Il Dio nuovo è tutto e solo amore per tutti; l’uomo nuovo è ciascuno di noi, suoi figli a sua immagine e somiglianza.
Questo è anche il programma che si propone il vescovo di Roma: come gli apostoli uscirono da Gerusalemme, bisogna che noi usciamo dalle varie chiese e sacrestie verso tutte le periferie del mondo, per giungere alla Gerusalemme celeste.
DIVISIONE
a. vv.8-9: separazione dalla sinagoga e trasloco nella scuola di Tiranno
b. v.10: in due anni tutti gli abitanti dell’Asia udirono la Parola
c. vv.11s: portenti straordinari e guarigioni
d. vv.13-17: la storia dei sette figli di Sceva
e. vv. 18-20: fine della magia e crescita della Parola
f. vv. 21s: Bisogna che io vada anche a Roma