Commento a Atti 5, 12-21
La comunità, che si aggrega ai primi 12 testimoni, non è perfetta. È insieme peccatrice e giusta.
La chiesa – così è chiamata per la prima volta dopo il peccato di Anania e Saffira (5,11)! – è la “casta meretrix ”, sempre esposta al peccato originale di porre fiducia nel dio mammona e nella menzogna, causa dei suoi adulteri. Per grazia è però sempre chiamata a vivere uno stile di libertà e responsabilità nei confronti dei fratelli. La chiesa che, pur con le sue infedeltà, pone Gesù e il suo Spirito al centro, continua a fare e dire ciò di cui lui sta al principio. “Chi crede in me, farà le opere che io faccio e ne farà di più grandi”(Gv 14,12).
Non è la vite, ma il tralcio unito ad essa che porta frutto (Gv 15,1ssa). La vite è un legno all'apparenza secco che porta in sé la linfa per far rinverdire ogni legno secco: al legno verde è avvenuto ciò che spettava al secco e al secco ciò che è proprio del verde (cf. Lc 23,31).
Se Gesù guariva al tocco della sua veste, il rinnegatore Pietro fa di più: anche il passaggio della sua ombra guarisce. In realtà non è la sua mano a guarire, ma “la mano che il Signore ha stesa” (4,20).
Nella scena dipinta da Masaccio Pietro cammina in avanti con lo sguardo assorto in alto, la mano destra inerte e l'altra nascosta nel mantello della misericordia: la sua ombra, passando, cerca e ricopre i malati ai bordi della strada. Lui è ormai rivestito di Cristo: è sua ombra, presenza nascosta della luce che porta tutti la liberazione che anche lui ha sperimentato e continuerà a sperimentare.
Se mentire alla comunità è morire (5,1-11), è perché la comunità, rappresentata da Pietro che pure ha negato la Verità, è sorgente di vita.