Il 12 settembre 2014 ha presentato L’Armata dei Sonnambuli allo Zero81 Occupato, e ha parlato anche dell'uccisione del sedicenne Davide Bifolco da parte di un carabiniere, cercando di inserire in un contesto ideologico e storico più ampio. Il tema è il vittimismo del potere e di chi ne giustifica o nasconde gli abusi, il «non è mai colpa nostra» come fondamento dell’ideologia dominante italiana, parte essenziale di un dispositivo che plasma le nostre vite tutti i giorni.
È un intervento a braccio, non strutturato in precedenza e dunque con sbavature, ma pensiamo contenga elementi utili.
N.B. di WM1: a un certo punto ho accennato a prigionieri italiani «nelle carceri indiane» per detenzione di droghe leggere. L’ho detto che parlavo a braccio. In realtà volevo dire «indonesiane», mi riferivo a persone come il torinese Daniele Pierretto, arrestato a Bali nel 2012 perché (secondo l’accusa) in possesso di hashish, e presto dimenticato da quasi tutti. Di lui non ho trovato notizie recenti. Ricordo che in Indonesia per questo genere di reati c’è la pena di morte. La rischiò anche un altro italiano, il maremmano Juri Angione, che se l’è “cavata” con dieci anni di prigione.
Sono più di tremila i nostri connazionali chiusi nelle galere di tutto il mondo, spesso in condizioni terribili e in molti casi per fatti risibili o mai commessi, ma solo ed esclusivamente per i due marò si è assistito a una mobilitazione così affollata di politici, a una campagna tanto satura di bellicose intenzioni, infuocati proclami e momenti platealmente grotteschi. Per l’opinione pubblica mainstream, sono vittime solo Girone e Latorre.
In India, per la precisione in una prigione di Varanasi, ci sono anche Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni, i cui nomi non diranno nulla a buona parte di quelli che si indignano per la «montatura» contro i marò. Di Tomaso ed Elisabetta ha scritto anche il nostro amico Matteo Miavaldi.