Scrive dal fronte un nostro soldato. «Tripoli 28 novembre. Carissimo fratello Agostino, Rispondo alla tua lettera che ha la data del 21 novembre; mi reca molto piacere il sentire che voi state bene di salute come posso assicurarvi che è di me per gra- zia del Signore che spero mi vorrà proteggere in sino all'ultimo momento. Adunque caro fratello adesso ti racconterò la nostra vita che stiamo facendo a cominciare dal giorno 26 novembre. Partimmo alle ore 4 del mattino e tutto il giorno camminammo fino alle sette della sera per fare l'avanzata e avemmo un giorno di combattimento. Adesso ci troviamo alle trincee e continua il fuoco notte e giorno e sopra a noi fischiano le pallottole come quando nevica: abbiamo la fortuna che i nemici non sanno puntar bene e le fanno tutte alte e poco ci colgono, le nostre perdite sono poche; in tre giorni di combattimento abbiamo avuto una ventina di feriti e quattro o cinque morti fino a quest'ora, e sono appunto le nove del mattino del 28 novembre. In quanto al mangiare stiamo bene; ma il brutto è che passano dei giorni senza mangiar mai perchè distanti da Tripoli ed è impedita la via che vi conduce, occupata da quelli che combattono. Quì è un caldo insopportabile di giorno e un freddo di notte e la terra è tutta sabbia; si fatica molto a camminare perchè le scarpe si affondano per metà nel terreno e perchè si trovano spesso delle lagune che è necessario passare per avanzare e respingere il nemico; di lui non abbiamo paura, perchè ci siamo abituati a sentire le pallottole a destra e a sinistra, e si va sempre avanti coll'aiuto del Signore, scoperti e in mezzo ai pericoli; ma i Turchi non sono terribili perchè non hanno cannoni; mentre noi li abbiamo ottimi e proteggono la nostra avanzata. Ora abbiam preso una bellissima posizione e non si andrà più avanti e si fortificheranno i forti e le trincee. Quando ritornerò accomoderemo bene tutte le cose di casa. Mandami il Corriere d'Italia ... Tombesi Nazzareno». (Dal Cittadino). 
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