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Il pomeriggio del 5 Luglio 2016 è caldo e afoso a Fermo. Anche se la brezza che sale dal mare, dal vicino Porto San Giorgio, riesce a mitigarlo un po’. E il mare si vede da Viale XX Settembre, il viale che costeggia il centro storico della città, da un belvedere attrezzato con tre panchine.
Sul viale sta passando una coppia di profughi nigeriani fuggiti dalle violenze di Boko haram, ospiti del vicino seminario in attesa del riconoscimento dell’asilo politico. Stanno andando in centro a fare delle compere, la donna si ferma ad una fontanella d’acqua a bere.
Dalle panchine del belvedere cominciano a piovere insulti verso la coppia. L’uomo nigeriano non capisce quasi nemmeno una parola di italiano, ma la sua compagna, Chiniery, ne conosce abbastanza da capire il senso delle parole che gli vengono urlate. Ne capisce soprattutto due, che vengono ripetute più volte: “Scimmia Africana”. Le traduce per il suo compagno, che va verso la panchina dove è seduto l’insultatore.
Quello che succede a quel punto non si sa con certezza. Quello che è sicuro è che Emmanuel Chidi Nnamdi, rifugiato nigeriano di 36 anni, resta sull’asfalto privo di sensi, la sera entra in coma irreversibile e il giorno dopo muore.
I protagonisti di questa vicenda sono tutti noti. Emmanuel Chidi Nnamdi, ragazzo nigeriano, la vittima. Amedeo Mancini, ultras della Fermana, che ha insultato Chiniery e poi ha aggredito Emmanuel.
Ma c’è anche un palo della segnaletica stradale, che diventa all’improvviso protagonista. Non della ferita mortale al cranio di Emmanuel, ma protagonista della lotta mediatica che si sviluppa immediatamente su questa vicenda.
Perché dal momento in cui Emmanuel cammina aggressivo verso Amedeo al momento in cui Emmanuel è a terra privo di sensi sembrano esserci due realtà… Ma solo una è vera.
By zorbaIl pomeriggio del 5 Luglio 2016 è caldo e afoso a Fermo. Anche se la brezza che sale dal mare, dal vicino Porto San Giorgio, riesce a mitigarlo un po’. E il mare si vede da Viale XX Settembre, il viale che costeggia il centro storico della città, da un belvedere attrezzato con tre panchine.
Sul viale sta passando una coppia di profughi nigeriani fuggiti dalle violenze di Boko haram, ospiti del vicino seminario in attesa del riconoscimento dell’asilo politico. Stanno andando in centro a fare delle compere, la donna si ferma ad una fontanella d’acqua a bere.
Dalle panchine del belvedere cominciano a piovere insulti verso la coppia. L’uomo nigeriano non capisce quasi nemmeno una parola di italiano, ma la sua compagna, Chiniery, ne conosce abbastanza da capire il senso delle parole che gli vengono urlate. Ne capisce soprattutto due, che vengono ripetute più volte: “Scimmia Africana”. Le traduce per il suo compagno, che va verso la panchina dove è seduto l’insultatore.
Quello che succede a quel punto non si sa con certezza. Quello che è sicuro è che Emmanuel Chidi Nnamdi, rifugiato nigeriano di 36 anni, resta sull’asfalto privo di sensi, la sera entra in coma irreversibile e il giorno dopo muore.
I protagonisti di questa vicenda sono tutti noti. Emmanuel Chidi Nnamdi, ragazzo nigeriano, la vittima. Amedeo Mancini, ultras della Fermana, che ha insultato Chiniery e poi ha aggredito Emmanuel.
Ma c’è anche un palo della segnaletica stradale, che diventa all’improvviso protagonista. Non della ferita mortale al cranio di Emmanuel, ma protagonista della lotta mediatica che si sviluppa immediatamente su questa vicenda.
Perché dal momento in cui Emmanuel cammina aggressivo verso Amedeo al momento in cui Emmanuel è a terra privo di sensi sembrano esserci due realtà… Ma solo una è vera.