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Si cresce, ma si vive male: la triste verità della nostra economia che il governo non vuole vedere, di Massimo Mascini


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Moody’s, la potente agenzia di rating, migliora da stabile a positivo l’outlook sull’Italia. E immediatamente scatta l’entusiasmo delle nostre istituzioni. Palazzo Chigi sottolinea “il segnale di fiducia sulla solidità della nostra economia” e assicura che “si continuerà su questa strada con determinazione”. Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, non sta in sé dalla gioia e afferma che “questo risultato porta un beneficio alle famiglie, alle imprese, perfino alle banche”. Non stupisce il fervore manifestato ai piani alti del paese, ma forse un po’ di realismo non guasterebbe.

Moody’s non ha infatti alzato il rating del nostro paese, ossia il giudizio generale sul nostro sistema economico. Si è limitata ad affermare che le previsioni potrebbero anche migliorare. Senza dimenticare però che al momento questo rating è davvero molto basso, un minimo al di sopra del livello al quale si sconsigliano gli investimenti. È, insomma, cambiata la prospettiva del futuro, ma il presente resta fosco, non giustifica manifestazioni di gioia.

Nel caso specifico l’istituto di rating ha rilevato una nostra “maggiore capacità di assorbire shock economici, un mercato del lavoro solido, bilanci privati in buona salute, un sistema bancario rafforzato”. Giudizi importanti, niente da dire, ma siamo molto lontani dal poter credere di vivere in un sistema economico florido. È bene sottolineare che dall’estero ci guardano con occhio più benevolo, ma tutti i nostri guai restano lì, a sconsigliare brindisi allo sviluppo felice. Neanche avessimo sconfitto la povertà.

Governo e istituzioni sono incappati nello stesso errore commesso in queste stesse settimane a proposito della caduta dello spread, che, è noto, misura la differenza tra i rendimenti dei titoli di stato tedeschi e quelli italiani. Lo spread che saliva e scendeva ci ha dato il batticuore per anni, perché la sua crescita, a volte impetuosa, denunciava lo stato pessimo della nostra economia. Adesso questo indicatore si è abbassato notevolmente. Era al livello 200, poi 150, adesso si attesta attorno a quota 100 e con tutta probabilità scenderà ancora. Ed è immaginabile il tripudio che si genererà e l’entusiasmo che i vari centri di potere politico manifesteranno.

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