Trent’anni fa si consumò un episodio che i Tribunali penali internazionali avrebbero poi derubricato alla voce genocidio: la strage di Srebrenica, enclave in territorio serbo abitata da bosgnacchi, i bosniaci di fede musulmana. Oltre 8.000 vittime civili, che i caschi blu olandesi della missione ONU di peacekeeping non furono in grado di proteggere dai miliziani serbi a causa di cervellotiche regole d'ingaggio.In quel massacro avvenuto l’11 luglio 1995 si scatenarono alla massima potenza le tensioni etniche che avevano minato l'esistenza della prima Jugoslavia indipendente (1918-1941) ed erano poi state compresse per quasi mezzo secolo dal pugno di ferro di Josip Broz Tito, padre e padrone della Jugoslavia comunista sorta dopo la Seconda guerra mondiale.