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UNICORNI: FILM GENDER PER BAMBINI FINANZIATO DALLA REGIONE LAZIO
Cento minuti di film, ovvero cento minuti di luoghi comuni a favore dell'ideologia gender, con qualche parentesi per mettere in ridicolo (non parlate di satira, quella è un'altra cosa) la prospettiva di chi non si allinea con la propaganda LGBT. Grandi "lezioni" a favore dell'identità di genere - soprattutto per i bambini - delle relazioni aperte e fugaci, della carriera alias nelle scuole e della necessità di assecondare l'identità che i figli "sentono" o in cui si "auto-percepiscono". È una prima, veloce ma esaustiva descrizione del film "Unicorni", che vede protagonista un bambino di nove anni che si sente più femmina che maschio e si vuole vestire da bambina. La pellicola si è addirittura meritata l'apertura del Giffoni Film Festival lo scorso 17 luglio (storica rassegna cinematografica dedicata a bambini e adolescenti), e Pro Vita & Famiglia è andata (sigh!) a vederla al cinema per poter mettere in guardia i genitori da una propaganda - quella gender - che si fa martellante soprattutto con l'avvicinarsi, tra qualche giorno, dell'inizio del nuovo anno scolastico.
Il film racconta la storia di Lucio (Edoardo Pesce), un conduttore radiofonico dallo spirito progressista, e di sua moglie Elena (Valentina Lodovini), con cui condivide una famiglia "allargata", poiché ha una figlia con la sua prima moglie e un figlio con Elena, Blu, bimbo di nove anni che ama vestirsi da bambina, ma solo all'interno delle mura domestiche, dove si sente al sicuro. Il punto di svolta arriva quando Blu, in vista della recita scolastica, esprime il desiderio di interpretare la Sirenetta, indossando un costume femminile in pubblico. Questa richiesta inaspettata scuote gli equilibri familiari. I due genitori entrano così in contatto con un gruppo di supporto chiamato "Genitori Unicorni", formato da famiglie che vivono situazioni simili e guidato da una "psicologa di genere" (Michela Andreozzi, che è anche regista del film). In questo contesto Lucio si scopre meno "progressista" di quanto egli stesso credeva, poiché non riesce inizialmente ad accettare che il figlio voglia vestirsi da bambina e non si senta davvero maschio. Elena, dal canto suo, viene dipinta come una mamma "aperta" e decisa a accontentare il figlio in ogni sua richiesta.
TUTTI I RIFERIMENTI AL GENDER E AI TEMI LGBT
Nel contesto di questa trama - già di per sé impregnata di temi gender - si innestano tantissimi piccoli e grandi (a volte palesi ed espliciti) riferimenti all'Agenda Lgbtqia+. Una narrazione arcobaleno che rende a nostro avviso il film totalmente inadatto ai bambini. Tanto che, sulla pagina ufficiale di una delle case produttrici, la Vision Distribution, la pellicola presenta insieme al bollino verde (con scritto 6+ e la sigla del Ministero della Cultura) il bollino rosso con scritto "sex", visti i dialoghi sui temi sessuali presenti nel film. Ma andiamo con ordine e snoccioliamo tutti i dettagli che rendono il film così ideologico. Innanzitutto, come abbiamo già detto, il leitmotiv è l'ideologia secondo la quale i bambini devono essere liberi di sentirsi e "auto-percepirsi" senza alcun limite. Blu, che ha una sorella, la chiama invece «sorello» e viene da lei chiamato «fratella», mentre la stessa dichiara a gran voce che «la monogamia è figlia del patriarcato».
In particolare, poi, in una lunga scena di dialogo tra la "psicologa di genere" e il gruppo dei genitori, vengono elencati e spiegati tutti i termini della propaganda Lgbt: transgender, cisgender, identità di genere, disforia di genere, eterosessualità, omosessualità, bisessualità e addirittura l'espressione di genere, ovvero come le persone "si manifestano e si vestono" al di là della propria identità o sessualità. Si parla inoltre di una ragazza che assume il nome di "Andrea" e per la quale i genitori avevano preso in considerazione di adottare una terapia per ritardare la pubertà, in questo caso il ciclo, ma non avendo poi autorizzato tale terapia (viene sottolineato che serve l'autorizzazione dei genitori) nel film si evidenzia come sia uno shock per l'adolescente veder crescere il proprio corpo ma "non sentirlo suo".
RAFFIGURAZIONE RIDICOLA
Tra i genitori che si confidano c'è chi dice che il figlio «ha fatto domanda per la carriera alias ma la preside ci ha dichiarato guerra» oppure chi si presenta come «una coppia di genitori di un figlio Amab (assigned male at birth), ovvero assegnato maschio alla nascita». L'apoteosi sembra arrivare quando la psicologa spiega che la varianza di genere, ovvero il fatto di assumere comportamenti considerati inadatti agli stereotipi, si può manifestare anche prima dei 3 anni.
L'unica voce fuori dal coro, la madre di Andrea, che sottolinea come lei «a 13 anni non sapeva neanche scegliere il liceo, figuriamoci» decisioni di tale portata, alla fine del film finisce per lasciare il marito e dunque viene raffigurata ed etichettata come colei che non ha accettato la volontà del figlio, come il membro della coppia che fa la scelta sbagliata, retrograda.
E proprio qui si innesta un altro aspetto della narrazione, seppur non in primo piano, ovvero quello della raffigurazione ridicola, comica, grottesca e cosiddetta "medievale" di chi la pensa diversamente, raffigurato come di destra, conservatore e tradizionalista. Le coppie - inizialmente anche quella protagonista - dove uno dei due genitori non accetta ciò che i figli "sentono di essere" finiscono per litigare, per andare in crisi o addirittura lasciarsi, con la ragione che viene data sempre e solamente a chi accontenta i bambini. A tal punto che in un determinato momento il piccolo protagonista sembra voler tornare indietro su ciò che pensa di se stesso dichiarando che lo fa «per non far divorziare» i propri genitori. Addirittura anche il figlio di un personaggio non allineato agli schermi Lgbt viene a sua volta narrato come un bullo, come lo specchio - in miniatura - di ciò che è il padre. Viene, a conclusione del film, persino "discriminato" rispetto al protagonista Blu, poiché dopo una lite tra i due entrambi vengono sospesi da scuola e perciò non possono partecipare alla recita, ma alla fine il protagonista riesce in qualche modo a cavarsela, mentre l'altro rimane fuori dalla recita, seduto tra il pubblico degli adulti, escluso dagli altri bambini.
FRECCIATINA AL MONDO CATTOLICO
Come se tutto ciò non fosse sufficiente, nel film c'è spazio anche per qualche sottile - ma neanche troppo velata - frecciatina al mondo cattolico. Un'imprenditrice di chiaro stampo conservatore e cattolico (si accenna anche a Papa Wojtyła) litiga con Lucio e, quando quest'ultimo se ne va, si sente affermare «vabbè pazienza, tanto non era neanche battezzato». Ancora, in un'altra scena i protagonisti rimangono imbottigliati nel traffico di Roma a causa di un pullman in sosta. La spiegazione è, in pochi secondi, un cocktail di luoghi comuni: «ci mancavano solo i turisti del Giubileo, che so tutti vecchi e centenari». Una spruzzata di anticattolicesimo non si nega mai.
Se dovessero restare interrogativi sulla portata ideologica del film, ogni dubbio viene fugato dalla stessa regista del film, Michela Andreozzi, autrice di un autogol clamoroso sui social. Rispondendo a una video-recensione critica sulla faziosità ideologica del film, la Andreozzi ha "chiarito" di essersi consultata con un'associazione che si occupa del tema a "360 gradi": GenderLens, un collettivo, si legge sul loro stesso sito, di «genitori, attivistә trans e alleatә» che sostiene l'esistenza di "bambini trans", si batte per portare la Carriera Alias nelle scuole italiane e che, nel settembre 2024, organizzò il laboratorio per "Bambin* trans e gender creative" - rivolto a minori dai 5 ai 14 anni - all'Università di Roma Tre.
Come tantissimi altri film anche "Unicorni" ha fatto richiesta e ha potuto avere accesso a finanziamenti pubblici. In particolare, la Commissione Tecnica di Valutazione istituita dalla Regione Lazio per il bando Lazio Cinema International - Prima finestra 2024 lo ha valutato idoneo alla richiesta di fondi e sui 357.000 euro richiesti ne ha percepiti ben 310.000. A fronte di questi finanziamenti, però, l'altra faccia della medaglia sembra raccontare un flop al botteghino, poiché secondo i dati più aggiornati (a fine agosto) reperibili sul portale specializzato Box Office Mojo, gli incassi totali stimati del film ammonterebbero a 140.000 dollari, equivalenti a poco più di 130.000 euro.