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By A2C
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Il solare a concentrazione è una tecnologia antica che oggi può venire in aiuto per produrre energia termica o elettrica. Tutto si basa su degli specchi parabolici che concentrano i raggi del sole in un punto, detto fuoco, dove si raggiungono temperature superiori ai 500°C. In quel punto passa un tubo in cui circola un fluido termovettore che immagazzina il calore che arriva dagli specchi. Inserendo uno scambiatore di calore è possibile far passare il calore dal fluido all'acqua e produrre vapore; che poi può essere utilizzato in vari modi, ad esempio facendo girare una turbina per produrre energia elettrica. Questo tipo di tecnologia presuppone la presenza del Sole per poter funzionare, tuttavia, utilizzando dei fluidi termovettori appositi, è possibile produrre energia anche di notte, sfruttando il calore accumulato durante il giorno. In ogni caso si tratta per lo più di impianti di grandi dimensioni, con sistemi motorizzati automatizzati che fanno ruotare gli specchi e ne modificano l'allineamento verso il sole durante l'arco della giornata. Nel caso della "torre solare", i pannelli sono tutti indipendenti fra loro, sono disposti su linee concentriche e puntando tutti nel medesimo centro focale. Al centro sorge una torre che raccoglie i raggi riflessi dagli specchi per riscaldare il liquido termovettore al suo interno. Una variante è la configurazione detta "collettore parabolico lineare a concentrazione", dove i pannelli parabolici sono tutti montati allineati fra loro, e lungo il loro fuoco passa il tubo contenente il liquido termovettore. In ogni caso, quale che sia la conformazione dell'impianto adottata, parliamo sempre di impianti di grossa taglia, dell'ordine del MW, che occupano superfici grandi quanto diversi campi di calcio. Questo è uno dei motivi che limita la diffusione di questo tipo di impianti nel nostro Paese. Esistono però anche le versioni domestiche di questa tecnologia. Ad esempio esistono degli impianti con l'accoppiamento di una lente che concentra la luce solare verso un pannello solare termico e che lavora insieme ad una pompa di calore. In questo caso il vantaggio è di captare una quantità maggiore di luce solare e quindi far raggiungere al pannello temperature più alte. Con una soluzione del genere, oltre a produrre acqua calda sanitaria, si può aiutare la pompa di calore a climatizzare gli ambienti in modo più economico. Sono impianti che al momento sono poco diffusi, perché risulta più vantaggiosa l'accoppiata fotovoltaico con pompa di calore. Però con un eventuale abbassamento dei prezzo potrebbero emergere come soluzione alternativa. Per ulteriori informazioni, visita il nostro sito web. Si ringrazia il Dott. Luigi Rescigno per il supporto scientifico. Sommario 0:00:00 - Introduzione al Solare a concentrazione 0:00:51 - Come funziona il Solare a concentrazione 0:02:20 - Conclusioni ____________ Per richieste preventivi, scrivere a: [email protected]
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La Carbon Footprint, o impronta di carbonio, è un indice della quantità dei gas serra generati durante la produzione di un prodotto o servizio. Perché è importante conoscerla? Perché ci rende più consapevoli delle dinamiche che avvengono nella nostra società. In pratica viene utilizzata come metro di giudizio della sostenibilità ambientale di prodotti e servizi. Più è elevata, meno un determinato prodotto o servizio sarà amico dell'ambiente. Per calcolarla occorre tenere conto di tutto il ciclo di vita di un prodotto: approvvigionamento, trasformazione, produzione, trasporto, utilizzo e smaltimento. Innanzi tutto occorre conoscere la quantità di gas serra prodotta da una determinata attività e la durata nel tempo di tale attività. Per calcolare la carbon Footprint occorre moltiplicare la quantità di gas serra prodotto da un'attività per il tempo in cui l'attività viene esercitata. Nel caso specifico dei trasporti, invece, si parte dal considerare la distanza percorsa per poi calcolare i gas serra generati. Anche per le nostre attività quotidiane è possibile calcolare l'impronta di carbonio. Possiamo immaginare un'auto diesel e un'auto a benzina che percorrono 100 km. A titolo di esempio, in media un'auto diesel consuma 6 l di carburante ogni 100 km, mentre un'auto a benzina consuma 7.5 litri di benzina ogni 100 km. Consideriamo poi che un auto diesel produce in media 2.65 kg di CO2 per ogni litro di carburante, mentre l'auto a benzina ne produce 2.37 per litro di benzina. Pertanto, in un tragitto di 100 km percorso in condizioni ottimali un'auto diesel produce 19.87 kg di CO2 mentre un'auto a benzina ne emette 19.61 kg. L'esempio in questione prende in considerazione auto con motori moderni, che percorrono il tragitto in condizioni ottimali. Preciso che le differenze in termini di gas serra emesse da auto diesel e benzina sono quasi trascurabili. Nel caso della Carbon Footprint di un prodotto bisogna tenere conto di ciascuna fase del ciclo di vita del prodotto, o quantomeno considerare le più rilevanti. Le due specifiche tecniche più utilizzate per il calcolo dell'impronta di carbonio in questi casi sono la PAS 2050 e la norma ISO/TS 14067. Con queste due metodologie si calcola la Carbon Footprint di di un prodotto intesa come somma delle emissioni e delle rimozioni complessive del sistema che produce un bene. Concludiamo questa rapida carrellata dicendo che l'impronta di carbonio è importante perché costituisce il 50% dell'impronta ecologica, che approfondiremo a parte in un altro video. Tutto ciò è importante conoscerlo in modo da non essere dei soli spettatori delle nuove tendenze; ma ci da la possibilità di poter partecipare esprimendo un nostro parere. Per ulteriori informazioni, visita il nostro sito web. Si ringrazia il Dott. Luigi Rescigno per il supporto scientifico. Sommario 0:00:00 - Introduzione alla Carbon FootPrint 0:00:47 - Come funziona la Carbon FootPrint 0:03:15 - Conclusioni ____________ Per richieste preventivi, scrivere a: [email protected]
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Tutti ormai conosciamo il fotovoltaico. Decisamente meno conosciuto è il termofotovoltaico, nonostante il suo rendimento sia molto superiore a quello dei comuni impianti solari e fotovoltaici. Questo perché come pochi sanno l'alta temperatura sfavorisce il rendimento del fotovoltaico e quindi raffreddando il pannello si ottiene un vantaggio economico. Con il termofotovoltaico (STPV: Solar Thermal and Photo-Voltaic) si intende un impianto ibrido capace di coniugare la tecnologia del fotovoltaico e del solare termico in modo da produrre sia energia elettrica e sia acqua calda sanitaria. Un impianto termofotovoltaico è costituito da pannelli fatti a strati. Nella parte superiore abbiamo il pannello fotovoltaico, generalmente composto da silicio monocristallino. Nella parte inferiore abbiamo una piastra di alluminio o rame percorsa da una serpentina che funge da scambiatore di calore. L'idea di base è molto semplice: il liquido termovettore che circola nella serpentina serve a raffrescare il pannello fotovoltaico sovrastante, dal momento che il surriscaldamento ne abbassa la resa. Il calore recuperato può essere usato per produrre acqua calda sanitaria da utilizzare in casa. Pertanto, la tecnologia SVTP permette la cogenerazione di energia elettrica e termica mediante un solo impianto. Si stima che l'efficienza di questa tecnologia sia dell'85,4%, e cioè quella del corpo nero: un oggetto ideale capace di assorbire tutta la radiazione incidente senza riflettere nulla. Per la cronaca, l'efficienza teorica del fotovoltaico tradizionale si attesta al 33,7%, valore definito come limite di Shockley-Quisser. I vantaggi di un impianto termofotovoltaico sono un importante risparmio di spazio e di spesa dal momento che con un solo impianto si può produrre sia energia elettrica e sia termica, invece che dover installare due impianti separati. Questo impianto permette la cogenerazione di energia elettrica e termica; e quest'ultima può essere impiegata sia per produrre acqua calda sanitaria, ma anche come preriscaldamento ad un impianto di climatizzazione ad acqua, sia esso a pompa di calore o a caldaia a condensazione. Si tratta di tecnologie ormai collaudate e sperimentate, sebbene ancora poco conosciute al grande pubblico; la spesa di un pannello è maggiore rispetto a quella di un semplice pannello fotovoltaico, ma come detto, è una soluzione più economica rispetto alla somma dei due impianti. Se può interessare, in provincia di Salerno, effettuiamo progettazione di impianti ad energia rinnovabile. Per ulteriori informazioni visita il nostro sito Web. Si ringrazia il Dott. Luigi Rescigno per il supporto scientifico Sommario 0:00:00 - Introduzione 0:00:43 - Termofotovoltaico 0:02:17 - Conclusioni ____________ Per richieste preventivi, scrivere a: [email protected]
Che cosa sono le Hydrogen Valleys? E perché se ne parla sempre più spesso? La Hydrogen Valley, o Valle dell'Idrogeno, è un concetto che indica un luogo fisico dove viene prodotto, stoccato, trasportato e utilizzato idrogeno quale combustibile di nuova generazione. L'Italia e l'Europa hanno bisogno di affrancarsi il più possibile dai combustibili tradizionali, sia per una questione ambientale, sia per ridurre la dipendenza da altri paesi e l'idrogeno avrà un ruolo fondamentale nel processo di transizione ecologica. Si parla di valle perché si intende un sito di enormi dimensioni. Questo perché per ragioni tecniche di contenimento e gestione dell'idrogeno sono preferibili siti di grandi dimensioni, perché il modo più efficiente per immagazzinare l'idrogeno è comprimerlo a 70 MPa. E' lo stesso motivo per cui l'idrogeno è adatto ad un autobus, un treno o una nave, ma è sconveniente per una piccola automobile. Per evitare confusione ci tengo a sottolineare che l'idrogeno è un modo per conservare l'energia; e quindi va abbinato ad altre fonti rinnovabili. L'Italia ha deciso di puntare su una decina di progetti, incardinati nel PNRR. Nello specifico, il nostro paese ha deciso di puntare su zone industriali dismesse, già connesse alla rete elettrica e alla rete del gas, riconvertendole in Hydrogen Valleys. L'idea è quella di utilizzare l'energia prodotta da fonti rinnovabili per alimentare idrolizzatori che scinderanno l'acqua in ossigeno e idrogeno gassosi. A quel punto l'idrogeno potrà essere distribuito ai trasporti oppure immesso nella rete del gas, miscelandolo con il metano. Fra i progetti più interessanti c'è quello portato avanti dall'ENEA e che farà sorgere una Hydrogen Valley a Casaccia, alle porte di Roma, e che si occuperà principalmente di ricerca e innovazione nel settore dell'idrogeno. Poi c'è AGNES, un progetto che mira a convertire le piattaforme offshore al largo delle coste romagnole in idrolizzatori, alimentati da parchi eolici e solari già esistenti nell'area. Per non parlare del megaprogetto Puglia Green Hydrogen Valley: 3 impianti di produzione di idrogeno verde fra Taranto, Brindisi e Cerignola alimentati da ben 380 MW di fotovoltaico, capaci di produrre complessivamente oltre 300 milioni di metri cubi di idrogeno all’anno. Sono 4 le caratteristiche fondamentali di una Hydrogen Valley: 1) La grande scala. Parliamo di hub di dimensioni e potenzialità considerevoli per poter produrre e distribuire idrogeno su grande scala. 2) Area geografica ben definita. Una Hydrogen Valley serve un area ben definita, con le sue caratteristiche civili e industriali tipiche. 3) Value chain distribuita sull'intera filiera. Una Valle dell'Idrogeno non si limita a produrre idrogeno, ma anche al suo stoccaggio, alla distribuzione e financo al suo utilizzo corretto. 4) Usi finali multipli. L'idrogeno può essere destinato a vari usi, dai trasporti alle industrie. Lo scopo dei progetti italiani è quello di promuovere l'utilizzo di idrogeno nell’industria e nel trasporto locale, sfruttare gli spazi industriali abbandonati e aumentare la quota di energie rinnovabili prodotte in Italia. Per ulteriori informazioni visita il nostro sito Web. Si ringrazia il Dott. Luigi Rescigno per il supporto scientifico Sommario 0:00:00 - Introduzione 0:01:21 - Cos'è una valle dell'idrogeno 0:03:43 - Conclusioni ____________ Per richieste preventivi, scrivere a: [email protected]
Affrontiamo il caso studio di esposizione ai campi elettromagnetici da antenne sul tetto di un edificio. Ipotizziamo che l'edificio abbia cambiato da poco proprietà e che il nuovo proprietario sia interessato ad adempiere ai propri obblighi di legge. Di norma l'accesso al tetto è consentito ad alcune tipologie di lavoratori: gli addetti alla manutenzione del tetto, dell'impianto di condizionamento e ai tecnici delle antenne. Approfondiamo il rischio che affronta una persona che si trova in prossimità di queste antenne. Le antenne installate sul tetto possono essere di diversa natura: A) Antenne settoriali per la telefonia mobile (800 - 2600 MHz), le quali possono rappresentare un pericolo soprattutto se si staziona sul lato frontale; B) Antenne paraboliche a microonde (10 - 30 GHz) usate soprattutto per le stazioni base di telefonia mobile e di norma non presentano pericoli significativi; C) Antenne dipolari e antenne collineari (80 - 400 MHz) possono rappresentare un pericolo se si staziona a pochi metri intorno ad esse. Tutte le antenne sono utilizzate da remoto dagli operatori. La stazione base di telefonia mobile adatta in automatico la sua potenza di output a seconda del traffico telefonico, con un picco massimo fissato dalla concessione ricevuta dall'operatore. Anche le frequenze impiegate sono stabilite dalla concessione. Per poter valutare l'esposizione di persone che si trovano sul tetto sono necessarie alcune informazioni: tempi e modalità di esposizione, criticità personali (ad esempio se portano peacemakers, etc), tipologia di antenna, potenza irradiata e frequenza. Sarebbe consigliabile contattare gli operatori di telefonia chiedendogli di fornire le informazioni di sicurezza. Sulla base dell'intensità del campo elettromagnetico è necessario disegnare a terra delle zone di esclusione, in modo che sia chiaro che dopo quel limite i valori di intensità sono pericolosi. Per capire i limiti di queste zone è consigliabile incaricare un tecnico indipendente che effettuerà delle misure con strumentazione certificata. Sulla base di questa indagine il proprietario può farsi una idea del rischio associato e adottare eventualmente nuove misure di precauzione, come invitare l'operatore dell'antenna dipolare a spostare l'antenna o redigere una procedura da far firmare alle ditte di manutenzione con i percorsi da seguire e le misure da adottare incaso di incidenti. In ogni caso, per tutelare tutte le persone è buona prassi mettere in atto delle misure di precauzione. Ad esempio: 1) La porta di accesso al tetto deve essere chiusa a chiave e il responsabile della sicurezza dell'edificio deve custodire la chiave. Sul lato interno della porta devono essere affissi dei segnali di pericolo per avvisare la presenza di antenne. 2) Sulle aste di supporto delle antenne settoriali devono essere affissi cartelli di avviso. Ad ogni modo, queste antenne e le relative zone di esclusione devono essere inaccessibili. Preciso che è possibile reperire strumentazione a basso costo su internet, ma le indicazioni di questi strumenti potrebbero essere poco attendibili o non adatti allo scopo perché strumenti sordi a quel tipo di emissione. Se può interessare, in provincia di Salerno, effettuiamo misure di campi elettromagnetici in alta e bassa frequenza, sia in ambito domestico e sia industriale. Questo ad esempio è uno strumento per la misura dei campi elettromagnetici che usiamo; si tratta di un Microrad, uno strumento professionale certificato, che fornisce delle indicazioni molto precise. Per ulteriori informazioni visita il nostro sito Web. Si ringrazia il Dott. Luigi Rescigno per il supporto scientifico Sommario 0:00:00 - Introduzione 0:00:42 - Caso studio CEM 0:04:03 - Conclusioni ____________ Per richieste preventivi, scrivere a: [email protected]
La Commissione Europea ha approvato la misura contenuta nel PNRR relativa allo sviluppo del biometano, in quanto conforme alle norme europee sugli Aiuti di Stato. Presto dovrebbe essere pronto il decreto attuativo di questa misura del PNRR, a cui farà seguito la pubblicazione del bando per poter accedere a questi incentivi per le aziende agricole. L’aiuto prevede un contributo del 40% sull’investimento e una tariffa incentivante sul biometano prodotto per 15 anni. L’accesso avverrà tramite aste che si svolgeranno fino al 2024. Con l'investimento dal PNRR si può aumentare la produzione di gas a livello nazionale e aiutare le imprese agricole ad abbattere i costi di energia e smaltimento dei rifiuti. Questo perché il biometano verrebbe prodotto in digestori alimentati con gli scarti agricoli, liquami e letame. Allo stesso tempo si riuscirà a ottenere un risparmio complessivo di gas a effetto serra, rispetto al ciclo vita del metano fossile, tra l'80-85%. Per quanto riguarda l'utilizzo del biometano nel settore dei trasporti, vale la pena ricordare che il decreto ministeriale 02/03/2018 prevede attualmente incentivi per gli impianti in esercizio entro il 31 dicembre 2022. Ed ora tale scadenza è stata posticipata al 31 Dicembre 2023 per il momento. Possono accedere agli incentivi di cui al DM 02/03/2018 gli impianti di produzione di biometano che rispettano 2 condizioni: a) abbiano presentato ovvero presentino la domanda al GSE per il riconoscimento al proprio impianto della relativa qualifica (art. 9, comma 1, del DM 2 marzo 2018) entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto e abbiano ottenuto ovvero ottengano, entro il 31 dicembre 2022, la qualifica a progetto dal GSE per il riconoscimento del diritto all’incentivo; b) siano in possesso di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione del biometano rilasciata entro la data di entrata in vigore del decreto. Gli impianti che possiedono i requisiti elencati devono entrare in esercizio entro il 31 dicembre 2023, salvo eventuali ritardi non imputabili alle aziende, ma dovuti a cause di forza maggiore e riconosciuti come tali dalle competenti autorità. L'obiettivo dichiarato è di ridurre le emissioni di gas serra e di aumentare la quota di energie rinnovabili. Nello specifico, il piano prevede di destinare 1.92 miliardi per riconvertire gli impianti biogas agricoli esistenti verso la produzione di biometano e promuovere la sostituzione di almeno 300 trattori alimentati a metano/biometano. Per ulteriori informazioni visita il nostro sito Web. Si ringrazia il Dott. Luigi Rescigno per il supporto scientifico https://italiadomani.gov.it/it/Interventi/investimenti/sviluppo-biometano.html Sommario 0:00:00 - Introduzione 0:00:45 - Il rilancio del biometano 0:02:57 - Conclusioni ____________ Per richieste preventivi, scrivere a: [email protected]
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