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Il bullismo è un fenomeno sociale che purtroppo tutti conosciamo: a chi non è capitato ai tempi della scuola, se non di subire, quanto meno di assistere alle prepotenze di “branchi di bulletti” perpetrate nei confronti del malcapitato di turno che poi finisce, purtroppo, per isolarsi soffrendo per un’emarginazione che segnerà la sua adolescenza e, forse, tutta la sua vita?
Ma ciò che mi ha colpito è che un nuovo mezzo di comunicazione di massa ha mostrato, ancora una volta, la sua potenza: internet e, in particolare, i social media (facebook, twitter e altri). I bulli hanno, infatti, scoperto che è più facile prendere in giro un coetaneo e umiliarlo comodamente seduti alla propria scrivania o, addirittura, smanettando con lo smartphone che ormai tutti hanno in tasca. Le umiliazione “virtuali” fanno ancora più male di quelle “reali” perché restano lì, nero su bianco, come incise su un macigno che schiaccia la vittima la quale non può più scappare ai “commenti”, alle “condivisioni” di foto scattate in un momento in cui si perpetravano, non innocenti scherzi, ma veri e propri abusi e soprusi.
La legge in commento definisce il Cyberbullismo come:
“qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo” (art. 1).
La definizione di bullismo cibernetico è abbastanza ambia comprendendo comportamenti che vanno dall’aggressione fino alla diffamazione (cioè un’espressione offensiva) e alla mera diffusione di qualunque genere di contenuto (registrazioni video o anche audio, immagini fotografiche, fotomontaggi, ecc.) tesi ad “isolare” uno o più minori tramite un abuso o una semplice “messa in pericolo”.
Non è abitudine dello scrivente commentare le leggi, perché quella che stai leggendo non è la rubrica di un opinionista, ma in questo caso devo esprimere il mio disappunto per il fatto che il legislatore si è occupato solo delle condotte che riguardano i minori ultraquattordicenni (coloro che hanno compiuto i quattordici anni): la legge in commento, in altri termini, troverà applicazione solo ove sia la vittima sia il “bullo” abbiano compiuto i quattordici anni.
Dobbiamo premettere che la legge contro il cyberbullismo, nelle intenzione dei proponenti, puniva il bullo con le classiche sanzioni penali (processo penale e pene). Durante la discussione del disegno di legge è, tuttavia, emers
By Leonardo CascioIl bullismo è un fenomeno sociale che purtroppo tutti conosciamo: a chi non è capitato ai tempi della scuola, se non di subire, quanto meno di assistere alle prepotenze di “branchi di bulletti” perpetrate nei confronti del malcapitato di turno che poi finisce, purtroppo, per isolarsi soffrendo per un’emarginazione che segnerà la sua adolescenza e, forse, tutta la sua vita?
Ma ciò che mi ha colpito è che un nuovo mezzo di comunicazione di massa ha mostrato, ancora una volta, la sua potenza: internet e, in particolare, i social media (facebook, twitter e altri). I bulli hanno, infatti, scoperto che è più facile prendere in giro un coetaneo e umiliarlo comodamente seduti alla propria scrivania o, addirittura, smanettando con lo smartphone che ormai tutti hanno in tasca. Le umiliazione “virtuali” fanno ancora più male di quelle “reali” perché restano lì, nero su bianco, come incise su un macigno che schiaccia la vittima la quale non può più scappare ai “commenti”, alle “condivisioni” di foto scattate in un momento in cui si perpetravano, non innocenti scherzi, ma veri e propri abusi e soprusi.
La legge in commento definisce il Cyberbullismo come:
“qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo” (art. 1).
La definizione di bullismo cibernetico è abbastanza ambia comprendendo comportamenti che vanno dall’aggressione fino alla diffamazione (cioè un’espressione offensiva) e alla mera diffusione di qualunque genere di contenuto (registrazioni video o anche audio, immagini fotografiche, fotomontaggi, ecc.) tesi ad “isolare” uno o più minori tramite un abuso o una semplice “messa in pericolo”.
Non è abitudine dello scrivente commentare le leggi, perché quella che stai leggendo non è la rubrica di un opinionista, ma in questo caso devo esprimere il mio disappunto per il fatto che il legislatore si è occupato solo delle condotte che riguardano i minori ultraquattordicenni (coloro che hanno compiuto i quattordici anni): la legge in commento, in altri termini, troverà applicazione solo ove sia la vittima sia il “bullo” abbiano compiuto i quattordici anni.
Dobbiamo premettere che la legge contro il cyberbullismo, nelle intenzione dei proponenti, puniva il bullo con le classiche sanzioni penali (processo penale e pene). Durante la discussione del disegno di legge è, tuttavia, emers