Una delle più utili mortificazioni è la fuga dell’ozio, applicandosi con ardore agli studi ecclesiastici e al fedele adempimento dei doveri del proprio stato. Si rimuovono così i pericoli dell’ozio: “perché di molto male l’ozio è maestro” (Eccli. XXXIII, 29). Se a tentare chi è occupato c’è un demonio, a tentare chi è ozioso ce ne sono cento. Che si fa infatti quando non si è utilmente occupati? Si va fantasticando, si leggono libri leggeri, si fanno lunghe visite, si tengono conversazioni più o meno pericolose, l’immaginazione si riempie di vani fantasmi, il cuore s’abbandona ad affetti sensibili e l’anima, aperta a tutte le tentazioni, finisce col soccombere. Invece, quando uno s’applica seriamente allo studio o alle opere del ministero, la mente si riempie di buoni e salutari pensieri, il cuore si volge a nobili e casti affetti; non si pensa che alle anime; e la stessa molteplicità delle occupazioni ci mette nella fortunata necessità di non avere alcuna intimità con questa o con quella persona. Se in un dato momento la tentazione si presenta, la padronanza acquistata col lavoro assiduo sopra sé stesso, aiuta a voltarle presto le spalle; lo studio, il ministero ci chiamano, per cui si lasciano presto da parte le vane fantasie per attendere a cose reali che occupano il meglio della nostra vita.