Le operazioni giapponesi nei primi mesi della guerra nel Pacifico
di Alessandro Barbero
L'attacco giapponese a Pearl Harbor del 7 dicembre 1941, con cui ha inizio la guerra nel Pacifico, è una delle pagine più famose della Seconda Guerra Mondiale. A quell'attacco condotto dal grosso delle Flotte Riunite (Rengo Kantai), impiegando fra l'altro tutte e sei le portaerei di squadra di cui disponeva allora il Giappone, si accompagnò una serie di sbarchi pressoché simultanei che diedero inizio alla fulminea occupazione della Malesia, delle Filippine e delle Indie Olandesi. La concezione e l'esecuzione di quest'impresa, accarezzata per mesi, pianificata nel volgere di poche settimane e condotta partendo da basi diverse su un teatro di guerra vasto molte migliaia di chilometri, costituiscono uno dei risultati più sbalorditivi negli annali della storia militare, e al tempo stesso uno dei più sterili, giacché dopo quei clamorosi successi iniziali, completati entro la primavera 1942, il Giappone non fu più in grado di compiere alcun progresso e perse completamente l'iniziativa: come un giocatore di Risiko che avendo conquistato, in una sola mossa fortunata, un gran numero di territori si trova con le sue forze irrimediabilmente frazionate, e dovunque troppo deboli per impedire la riconquista da parte degli avversari.
Supplemento al numero 2 2021 di Rivista Militare.