C’è una parola che sta cambiando il volto della nostra cultura,
una parola che scivola silenziosa tra eventi, festival e grandi palchi:
corporativizzazione.
Un tempo le nostre feste erano memoria,
volontariato, appartenenza,
un modo per ritrovarsi e riconoscersi come comunità.
Oggi sempre più spesso diventano vetrine,
prodotti confezionati per essere venduti,
non condivisi.
Marco Testa, nel suo editoriale “Logica corporativa”,
ci invita a fermarci un momento,
a chiederci se la crescita economica valga davvero
il prezzo della nostra identità.
Perché la cultura, quella vera,
non si compra e non si vende.
Si tramanda.
E appartiene a chi sceglie, ogni giorno,
di ricordare da dove viene.
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