Devo dirvi due cose. Sulla nuova stagione, sul progetto, su di me.

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Potevo chiudere questa prima stagione senza salutarvi, ringraziarvi e fare qualche riflessione sulla stagione appena conclusa (e quella che verrà...)?

Assolutamente no.

Ecco tutti i link di Sommerso.

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Martedì 4 luglio 2017, ore 13.30.

Riccardo sale i gradini del condominio con in mano le chiavi della macchina e una borsa di plastica che contiene un pollo arrosto.

Lo ha comprato nella rosticceria a due passi dallo studio di Antonio, il suo fisioterapista di fiducia. Un giovane uomo che secondo alcuni pettegolezzi non solo è gay ma è pure infatuato di lui.

Getta le mani in tasca, cerca le chiavi di casa. È impaurito, Riccardo. Si sente nudo, senza difese.

Come un pulcino fuori dal guscio. Si avvicina alla porta. Nel pianerottolo riecheggia il rumore delle stoviglie. Marta sta preparando la tavola. Adora il pollo.

Riccardo infila le chiavi nella serratura ma non apre subito. Si sente osservato. Si ferma per un istante, lì, impalato. Con gli occhi fissi sul lato esterno dello spioncino. Non gli va di girarsi. O forse non ha il coraggio.

Abbassa la maniglia. Entra in casa. Si toglie le scarpe. Indossa le pantofole. Dà un bacio a Marta. Toglie il pollo dalla borsa, lo mette in microonde, va al bagno, si lava le mani, il microonde canta, si siede a tavola, al solito posto, si siede pure Marta, anche lei al solito posto.

Tutto come sempre. O quasi. Perché Riccardo ora lo sa, di essere omosessuale.

Lo ha sempre saputo, in realtà. Ma forse non lo ha mai accettato.

E non sa nemmeno se sarà in grado di farlo ora. Ma tant’è. Ora qualcuno sa. Ora non è più lui l’unico custode di quel suo segreto.

Ora è solo questione di tempo. Il geyser ha fatto il suo lavoro. E ora indietro non si torna più.

Oggi ne ha avuto la dimostrazione: almeno con sé stesso, non sarà mai più sommerso.


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Martedì 4 luglio 2017, ore 12 in punto.

A Milano è un giorno come tanti. Il sole riscalda il pomeriggio in modo delicato, senza scottarlo. Imperterrito, il groviglio di vite umane della città continua a farsi e a disfarsi.

I corpi si incrociano tra loro attraverso gli sguardi, si presentano con le mani, si allontanano con i piedi. L’origine e la fine di qualsiasi storia.

Se in quei minuti avessimo posizionato una gigantesca lente di ingrandimento poco fuori dal centro, avremmo visto Riccardo, il protagonista della storia di oggi, entrare nello studio di Antonio, il suo fisioterapista.

Di lì a poco, mentre il professionista sta completando il trattamento, Riccardo deciderà di provarci con lui, invitandolo ad uscire.

Riccardo ha 53 anni, è sposato da 20 e fino a quel momento non ha mai amato un uomo, né ha mai pensato – o accettato – che questo potesse essere possibile.

State per ascoltare l’incredibile storia di un’eruzione di libertà improvvisa, incontrollata e violentissima, arrivata dopo una vita passata a odiare la propria identità. Al punto da vivere per oltre mezzo secolo, sommerso.

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Amami uomo con le mani da uomo

E toccami fiero

Con un soffio leggero

Sì, mi piace cantare. Tanto più durante la settimana di Sanremo. Esistono giorni migliori per parlarvi di quella che secondo me è la canzone d’amore gay più bella di sempre? Secondo me no.

Preparatevi a scorrazzare all’interno del pentagramma.

Al racconto di una mia esperienza personale. E ad un ospite speciale: Renzo Rubino.
Che è stato sul palco dell’Ariston proprio qualche giorno fa. E che dieci anni fa, su quel palco, mi ha dato la forza per provare a essere meno sommerso.

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Qualche settimana fa, 50 preti italiani omosessuali hanno scritto una lettera anonima indirizzata ai vescovi, per condannare una volta per tutte l’omofobia della Chiesa Cattolica.

Molti di loro hanno deciso di restare anonimi. Altri hanno sfoggiato una forza indicibile e si sono svelati al mondo intero.

Uno di questi, nei prossimi minuti, risponderà alle mie domande. Insieme alla sua voce e a quella di Marco Grieco, giornalista contributor per Domani e altre testate, in cui tratta il tema da tempo, partiamo alla scoperta degli abissi di un oceano di fede, spiritualità e, purtroppo, ipocrisie.

Preparate pinne, boccaglio ed occhiali, perché fino ad oggi non ci siamo mai immersi così a fondo.

E allora via, tuffiamoci insieme – senza pregiudizi – in questo incredibile e inesplorato mondo sommerso.

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Articolo di Marco Grieco su Domani

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Ho sempre amato la storia perché è solo conoscendo il passato che si può mettere a fuoco il presente.

È anche per questo che nei prossimi minuti andremo alla scoperta di ciò che è stato il nostro stivale, partendo dai mitici anni ’60.

Un periodo in cui il nostro paese è celebre per il boom economico, esploso quando l’intera penisola non aveva finito di leccarsi le ferite dal secondo conflitto mondiale.

Pensando a quel periodo, sfido chiunque a non ripensare a “La Dolce Vita” di Fellini, alla Cinquecento alla Vespa.

Ma se come me, qualcuna o qualcuno di voi si è mai chiesto come vivesse la comunità LGBT in quegli anni e quali emozioni provasse, questo episodio è quello che fa per voi.

Vi potrei parlare di articoli, libri, film che raccontano questo argomento.

Ma, visto che ho avuto la possibilità di chiacchierare con una persona che ha vissuto ogni secondo di alcune delle battaglie e dell’attivismo di quell’epoca, questa volta parlo un po’ meno e mi metto in ascolto.

Preparatevi, anzi prepariamoci, ad accogliere le parole di Franco Barbero, un uomo incredibilmente straordinario, che nella sua piccola comunità torinese, fin dai primi anni sessanta, ha preso per mano, ascoltato e supportato senza pregiudizi tanti individui, specie quelli dall’animo e dall’orientamento sommerso.

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Io sono gay. Tizio non lo sa. Caio sì.

Coming out: io scelgo liberamente di dire a Tizio che sono gay.
Outing: Caio dice a Tizio che sono gay.

Il coming out scegli di farlo. L’outing lo subisci.
Ripetere questa differenza, seppur sottile, è sempre importante.

Tanto più per aprire l’episodio di oggi, in cui vi racconterò il primo outing che ho subito nella mia vita.

È una storia che ha dell’assurdo ma prima di raccontarvela vi farò una carrellata dei meravigliosi – sono ironico – anni di scuola in cui di outing, senza alcun fondamento peraltro, ne ho subiti a destra e a manca dai miei amati – sono ancora ironico - compagni di classe.

E allora partiamo. Non vedo l’ora di farvi scoprire il momento in cui, per la prima volta nella vita, sono stato “scoperto” e da lì, almeno fino in fondo, non ho più potuto essere sommerso.

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Ti regalerò una rosa Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare e una rosa per poterti amare

Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare ogni piccolo dolore

Per aprire questo episodio ho preso in prestito i primi versi di Ti regalerò una rosa, canzone scritta e interpretata da Simone Cristicchi e dedicata al dramma che ogni giorno, ora, minuto, secondo, vivono tante persone rinchiuse all’interno dei manicomi.

Ed è proprio lì che è finito il protagonista della storia di oggi, Carlo Di Marino, un ragazzo che ha subito dal proprio psichiatra elettroshock e insulinoterapia per guarire dall’omosessualità, confessata ai genitori dopo anni di silenzio.

Dopo anni da sommerso.

Fonti:

• Link a ritagli di giornali:
• L’Unità 17/2/1978
• Sull'elettroshock e l'insulinoterapia

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Quando riparte Arcobaleni Timidi?
Di cosa parleremo nei prossimi episodi?
Ci saranno evoluzioni al format? Ci saranno ospiti?
Quanto ho mangiato durante le feste?

Ecco, le risposte a tutte queste domande, le trovate nell’episodio di oggi.

Preparate gli auricolari: è arrivato il momento di tornare a immergersi in un mondo di arcobaleni dipinti di tante scale di grigi. In un mondo, cioè, sommerso.

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