Fortunato Depero, secondo Wikipedia, è stato tante cose. Un pittore, uno scultore, un designer, un illustratore, uno scenografo e un costumista italiano. Una serie di aggettivi che senza dubbio lo identificano come una personalità poliedrica. Fu anche uno dei firmatari del manifesto dell’aeropittura, una particolare declinazione del futurismo che si affermò negli anni successivi alla prima guerra mondiale. Come espressione del mito della macchina e della modernità, manifestava nei suoi quadri l’entusiasmo per il volo, per il dinamismo e la velocità dell’aeroplano.
Ecco. Chissà se Depero immaginava che a un secolo di distanza si sarebbe ancora parlato di lui. Magari se lo aspettava. Forse poteva auspicarlo per quanto riguarda la sua attività artistica. Di sicuro non pensava che l’avremmo ricordato anche e soprattutto per una bottiglietta in vetro da 98 ml, che non solo è rimasta identica per tutto questo tempo, ma addirittura è diventata emblematica per lo stretto rapporto fra marketing, pubblicità, arte e design.
Ci sono oggetti in grado di entrare nella nostra memoria collettiva. Resteranno lì per sempre? Nessuno può dirlo con certezza, ma ciò che conta davvero, e indubbiamente ha contribuito a trasformarli in leggenda, è la storia che si portano dietro.
Siamo nel 1932. Dopo il Bitter e il Cordial Campari, rispettivamente un aperitivo rosso rubino e un liquore con lamponi macerati nel cognac, l’azienda milanese omonima sta per lanciare sul mercato il nuovissimo Campari Soda, ossia Bitter con aggiunta di soda. L’obiettivo era quello di servire una bevanda monodose e già miscelata, pronta per l’aperitivo. Serviva solo una bottiglietta adatta, in grado di valorizzarla.
Ma facciamo un passo indietro. Tra la fine del diciannovesimo secolo e l’inizio del ventesimo, nel mondo industriale si diffonde la convinzione che il messaggio visivo possa in qualche modo condizionare le persone, inducendole o meno all’acquisto di un prodotto. Campari è fra i primi ad intuirlo, e si avvicina sempre di più a forme di arte contemporanea nella sua comunicazione.
I Futuristi stabiliscono immediatamente una certa sintonia con il settore dell’industria. Comprendono la portata innovativa della pubblicità, mettendola sullo stesso piano di altre forme espressive ritenute più nobili. E proprio Fortunato Depero, uno dei massimi esponenti del movimento artistico, crea nel 1919 la Casa d’Arte Futurista, qualcosa di veramente all’avanguardia, una moderna agenzia di comunicazione nell’epoca in cui le agenzie non esistevano ancora. Perché, come diceva lui, “l’arte della pubblicità è un’arte decisamente colorata, obbligata alla sintesi. Arte gioconda, spavalda, esilarante, ottimista”.
E così, dalla comunione di intenti e vedute, nasce il fortunato sodalizio fra Campari e Depero. Un caso unico nella storia pubblicitaria italiana. Già nel 1925, disegna un bozzetto chiamato Pupazzo che beve il Campari Soda, dove il Campari Soda a cui fa riferimento il titolo è quello preparato dai baristi, e non il prodotto che giungerà sul mercato solo sette anni più tardi. Poi lo schizzo diventa una scultura in legno verniciato. Poi un manifesto realizzato con la tecnica del collage di carte colorate. La costante? C’è sempre un pupazzo, appunto, che sorseggia l’aperitivo da una bottiglia conica, che sembra avere gli stessi tratti di quella che in futuro disegnerà per il Campari Soda.
Questo è il modus operandi di Depero. Dipinge per prima cosa gli schizzi, quindi li realizza concretamente con materiali poveri, per poi trasformarli in manifesti di optical art. Il suo sogno è quello di un’opera totale, capace di inglobare vari linguaggi, dalla scultura alla pittura, passando per musica, fotografia, architettura.
E nel 1932, finalmente, l’artista pensa per Campari Soda una bottiglia senza etichetta, “denudata”, per far r