Share Cani violenti
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By Piano P
The podcast currently has 5 episodes available.
Sono passati 16 anni dall'ultima volta in cui ho incontrato Raffaele. Sia io sia lui siamo diventati padri e ci riconosciamo dai segni, che portiamo ancora addosso, di un'adolescenza violenta.
Raffaele aveva il sinistro più veloce e potente che abbia mai visto. È stato anche campione italiano nella boxe “ufficiale”, ma ha corrotto il suo talento con risse per strada e mascelle spaccate, finché la camorra ha notato la sua ferocia.
Ha picchiato debitori per conto dei boss della camorra, ha pestato sindacalisti che non si piegavano ai clan che gestivano le imprese del Casertano. È finito in carcere, più volte, ma anche lì dentro ha trovato il modo di farsi rispettare, a forza di pugni. E quando è uscito ha inventato un metodo per truffare le assicurazioni, con la paradossale complicità delle vittime: un metodo basato su una violenza ancora più atroce.
Oggi Raffaele ha cambiato vita. Ma dentro ha sempre una fiammella accesa, e lui stesso sa bene quanto possa essere pericolosa.
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Quando si vuol provare a ricostruire qualcosa, bisogna partire dalle fondamenta. Nel mio caso, da una palestra che è un'istituzione: la NapoliBoxe. A guidarla è Lino Silvestri, erede di Geppino Silvestri, maestro di campioni come Patrizio Oliva e a sua volta tra i primi cani violenti. Lino mi racconta che nella Napoli del dopoguerra il padre e tanti ragazzi venivano assoldati per una bistecca e un po' di cioccolato per dei match sulle portaerei americane. Sfide senza regole, sotto gli occhi degli ammiragli. Qualcosa di simile si è ripetuto nei primi Anni 90, e un altro fantasma del mio passato ne è stato protagonista. Lo incontro in una palestra-bunker, aperta nonostante i divieti per il Covid. Ha le orecchie smangiate, il naso rotto e una cicatrice sulla guancia destra. Mi parla degli incontri organizzati dalla camorra al quartiere Maddalena, a Napoli, e di una telefonata da parte di un clan a cui non ha potuto dire di no.
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Husam mi accoglie alla stazione di Piacenza. Mi porta dietro il Coin, poi nel quartiere popolare dove è nato il “sistema” che ha organizzato insieme al suo “collega” bosniaco Milan che ho incontrato nel primo episodio, infine davanti a un sottopassaggio lungo il Po dove si sono svolti gli ultimi scontri clandestini.
Anche Husam è un italiano di seconda generazione e sta provando a cambiare vita e vorrebbe tornare in Egitto. Intanto, però, mi fa capire che quegli “eventi” di cui è stato l'artefice non sono ancora finiti, e propone di organizzarne uno per me.
Non so se quel match si farà mai, a questo punto però non posso più sottrarmi: devo andare alla ricerca dei cani violenti del mio passato. Uno, in particolare, con il quale ho condiviso i giorni di un'adolescenza rabbiosa, brutale.
Vado a trovarlo in provincia di Caserta, dove sono cresciuto: è la prima tappa di un viaggio intimo, alle radici della mia personale ferocia.
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A dicembre del 2020, mentre esplodono i contagi, decine di adolescenti si danno appuntamento al Pincio, un colle di Roma, per picchiarsi: una rissa che qualcuno scambia per un'operazione “acchiappa-like”. Ne parlano giornali e tv, ma come per ogni violenza di strada non può essere solo un affare da Instagram. E io ne so qualcosa.
Mi chiamo Lorenzo Giroffi, faccio il giornalista: realizzo reportage su conflitti e violenze nel mondo, forse perché mi sono rimaste dentro alcune cose che anch'io ho vissuto da ragazzino, ed è arrivato il momento di fare i conti con quel passato.
Parto per la Bosnia per raccontare, appunto, la violenza che iracheni, pakistani e afghani subiscono al confine con l'Europa per poi essere respinti. Ma lì vado soprattutto per incontrare Milan. È lui – un italiano di seconda generazione, appena maggiorenne, cresciuto a Piacenza e ora rifugiatosi dai nonni bosniaci – che tra il 2018 e il 2019 ha organizzato un sistema di risse clandestine sul retro dei grandi magazzini del centro di una placida città di provincia. Li chiamavano “eventi”, mi dice, centinaia di ragazzini che si menavano senza regole e si riprendevano con il telefonino.
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Da venerdì 14 gennaio ascolta "Cani violenti", una nuova serie in 4 episodi realizzata da Lorenzo Giroffi, un reporter che frequenta da sempre guerre, rotte migratorie e confini vietati. Iscriviti subito alla serie per ricevere la notifica dell'uscita di ogni nuovo episodio.
Colpito dalla notizia di una rissa tra 400 adolescenti al Pincio, il colle da cui si vede Roma, Lorenzo ha raccolto le storie di chi “cerca ostinatamente uno spazio per la propria ferocia”: ragazzi appena maggiorenni che hanno organizzato un sistema di scontri clandestini nel centro di Piacenza; uomini trasformati in bestie efferate che hanno combattuto sotto il controllo della camorra e ne portano addosso i segni. Per lo stesso Giroffi si è trattato di un viaggio intimo, in piena pandemia. Un viaggio a ritroso, perché anche lui, in passato, è stato un cane violento.
Lorenzo Giroffi (1986) ha seguito da vicino, tra gli altri, le primavere arabe, la battaglia di Mosul e il conflitto libico. Ha diretto "Eroi perduti", che ha vinto i premi come miglior cortometraggio e per la miglior regia al Digital Media Fest 2021. Ha pubblicato i libri "Ucraina, la guerra che non c'è", "La seconda vita di Majorana" e un romanzo per Rizzoli dal titolo "La linea della notte". Nel 2021 ha realizzato per Rai3 "Il cielo sopra Minsk", racconto sulle opposizioni clandestine a Lukhashenko.
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