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Il film “Nella Colonia Penale” di Ferruccio Goia, diretto da Alberto Diana con la collaborazione di Silvia Perra e Gaetano Crivaro, conduce lo spettatore nel cuore delle colonie penali della Sardegna più remota. Questo documentario di 85 minuti penetra in un sistema carcerario che appare sospeso nel tempo, un regime penale che sopravvive come un retaggio del passato.
L’opera, prodotta con attenzione ai dettagli visivi e narrativi, si concentra su tre luoghi simbolo: Isili, Mamone e Is Arenas, tre colonie penali ancora attive in Europa, celate in territori quasi irraggiungibili. Qui i detenuti alternano ore di reclusione a lavori agricoli e di allevamento, oltre alla manutenzione delle strutture stesse.
Non emerge la provenienza dei reclusi, né il reato che li conduce in queste strutture, ma il film ne rivela la quotidianità scandita dal contatto diretto con la terra e con gli animali. Il lavoro assume il ruolo di metronomo, segna il passare delle giornate e crea un ritmo lento e costante che avvolge ogni gesto. Maggiori informazioni sul progetto si trovano sul sito ufficiale di Alberto Diana e sulla pagina dedicata di Sardegna Film Commission.
Le immagini di Ferruccio Goia e la regia di Alberto Diana catturano la ripetizione del dispositivo di sorveglianza che si mantiene identico da colonia a colonia. Cambiano i volti delle guardie e dei detenuti, ma il sistema rimane stabile, come una struttura che resiste a qualsiasi mutamento sociale o politico.
Il documentario osserva con occhio attento le relazioni tra esseri umani e animali, mostrando come il confine tra libertà e prigionia possa sfumare. Nella ex colonia penale dell’Asinara, oggi dismessa, lo sguardo si posa sulle rovine delle prigioni abbandonate, dove il rapporto tra carceriere e carcerato si dissolve, lasciando spazio a una nuova dinamica di confronto: animali liberi e uomini in visita si incontrano in un terreno di simbolica sopraffazione.
Questa riflessione sul potere e sul controllo attraversa tutto il film, che si inserisce nel panorama del cinema documentario contemporaneo come un’opera capace di unire valore storico, antropologico e visivo
By UnicaRadio.itIl film “Nella Colonia Penale” di Ferruccio Goia, diretto da Alberto Diana con la collaborazione di Silvia Perra e Gaetano Crivaro, conduce lo spettatore nel cuore delle colonie penali della Sardegna più remota. Questo documentario di 85 minuti penetra in un sistema carcerario che appare sospeso nel tempo, un regime penale che sopravvive come un retaggio del passato.
L’opera, prodotta con attenzione ai dettagli visivi e narrativi, si concentra su tre luoghi simbolo: Isili, Mamone e Is Arenas, tre colonie penali ancora attive in Europa, celate in territori quasi irraggiungibili. Qui i detenuti alternano ore di reclusione a lavori agricoli e di allevamento, oltre alla manutenzione delle strutture stesse.
Non emerge la provenienza dei reclusi, né il reato che li conduce in queste strutture, ma il film ne rivela la quotidianità scandita dal contatto diretto con la terra e con gli animali. Il lavoro assume il ruolo di metronomo, segna il passare delle giornate e crea un ritmo lento e costante che avvolge ogni gesto. Maggiori informazioni sul progetto si trovano sul sito ufficiale di Alberto Diana e sulla pagina dedicata di Sardegna Film Commission.
Le immagini di Ferruccio Goia e la regia di Alberto Diana catturano la ripetizione del dispositivo di sorveglianza che si mantiene identico da colonia a colonia. Cambiano i volti delle guardie e dei detenuti, ma il sistema rimane stabile, come una struttura che resiste a qualsiasi mutamento sociale o politico.
Il documentario osserva con occhio attento le relazioni tra esseri umani e animali, mostrando come il confine tra libertà e prigionia possa sfumare. Nella ex colonia penale dell’Asinara, oggi dismessa, lo sguardo si posa sulle rovine delle prigioni abbandonate, dove il rapporto tra carceriere e carcerato si dissolve, lasciando spazio a una nuova dinamica di confronto: animali liberi e uomini in visita si incontrano in un terreno di simbolica sopraffazione.
Questa riflessione sul potere e sul controllo attraversa tutto il film, che si inserisce nel panorama del cinema documentario contemporaneo come un’opera capace di unire valore storico, antropologico e visivo