Santi: dalla tribolazione alla vittoria

Domenica 16-11-25 - Non aggrapparti alle pietre: aggrappati a Cristo.


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Se non ascoltiamo bene il cuore del messaggio di oggi, rischieremo di pensare che anche il Signore è un disfattista, come tanti che sentiamo tutti i giorni. Invece la prospettiva è proprio il contrario.
La prospettiva che ci propone Gesù è invece il saper fissare lo sguardo su ciò che rimane e non su ciò che passa, nel senso di potersi appoggiare su ciò che è vero, è duraturo, anzi è eterno, anziché, scommettere la vita su ciò che ci sembra immediatamente il motivo della gioia ma finisce. Cerco di spiegarmi perché la prospettiva, anche quando guardavano il Tempio in quel momento, il Tempio costruito pare in 46 anni, un Tempio ricco di doni votivi, solido, fatto di bei blocchi di pietra, e Gesù dice che non sarebbe rimasta pietra su pietra, ma sarebbe stato distrutto. È un disfattista o dice una verità più profonda? Perché che cos'è che rimane per sempre, che cos'è di passaggio? Beh, potremmo dire che qui siamo tutti di passaggio e tutto è di passaggio.
Anche questa chiesa costruita, questa dal 46 al 49 in tre anni, non in 46 anni, è stata costruita perché quella che c'era prima era stata bombardata durante la guerra e si sono messi in un modo risoluto e hanno cercato di creare, per quello che era la comunità di San Lazzaro in quel tempo, un luogo adatto all'accoglienza. Adesso sarebbe un po’ piccolo, bisognerebbe farlo un po' più grande, però ringraziamo che è fatta, è questa, ce l'abbiamo. Ma potrebbe non esserci.
Cioè, la nostra fiducia e la nostra speranza non è fondata su queste pietre, ma su queste pietre, che siamo noi. Sul fatto che insieme ci riuniamo nel nome del Signore, sapendo che Lui è il motivo, è il principio agglomerante, unificante, lo Spirito mi veniva un termine catalizzatore. Avete presente che quando si fa un pavimento, per esempio, in marmo, ci vuole un elemento che riesca a unificare lo stucco in un modo che lo renda duro come il marmo. E si mette una piccola cosa, una componente chimica, che trasforma quello stucco, che di per sé è morbido, e lo rende duro come il marmo. Lo rende una cosa sola con Lui. Ho fatto un po' il muratore ai tempi, per cui me lo ricordo, l'ho fatto.
Ma perché? Cos'è che può trasformare la nostra fragilità in una grande forza? Credo che sia proprio la relazione con il Signore. Perché? Perché il Vangelo ci dà questo suggerimento, proprio per non lasciarci ingannare. Dice che a un certo punto anche loro, i discepoli, sarebbero stati perseguitati, addirittura sarebbero stati portati davanti a governatori e re a causa sua, e alcuni sarebbero stati messi anche a morte.
Ma la cosa a cui loro devono stare attenti, da non fare, è prepararsi una difesa, perché sennò si dovrebbero difendere da soli. Che cosa gli propone Gesù? Mettetevi dunque in mente, o caccialo ben in testa, non dimenticare questa cosa: non preparare prima la difesa. Io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Questo è uno dei motivi per cui lo Spirito Santo viene chiamato Spirito Paraclito, che vuol dire consolatore, avvocato, difensore, colui che sta presso di te ma per dire le cose che Dio stesso dice. Allora, se ci vogliamo difendere da soli non dobbiamo stare in questa relazione, ma la nostra forza è proprio la relazione con Cristo, per cui lo Spirito, se tu sei in relazione con Lui, e vedete che la preghiera non fa altro che rimetterci continuamente in un dialogo, rimetterci alla presenza davanti al volto di Dio, perché l'amore con cui Lui ama ci dia l'energia, ci suggerisca il modo, ci dia parole, gesti, la concretezza della nostra vita. Se parte dalla relazione, bene, in questa relazione lo ritroviamo, se non parte dalla relazione con Lui ma pensi tu a difenderti, è fatta.
Pensate, tutte le volte che ci vogliamo difendere perché abbiamo delle buone argomentazioni, davanti alla violenza dell'altro ci viene da rispondere con altrettanta violenza e diventa guerra tra poveri, poveri di spirito, poveri d'amore. Nel momento in cui è proprio Gesù stesso che lo ha fatto, lo ha vissuto e ce lo dice, il nostro dialogo è con Lui come Lui l'ha avuto con il Padre, non ci sono parole né di accusa né di vendetta, c'è una parola che ti rimette davanti alla verità. Per cui anche chi vuole perpetuare il male si trova a farlo in un modo sempre peggiore, sempre più invischiato con la menzogna, con la durezza e non c'è spazio d'amore.
Capite che questo ci dovrebbe un po' aiutare anche a essere più comunità, comunione di fratelli perché anziché cercare di avere ragione gli uni sugli altri possiamo diventare gli uni per gli altri. E questo cambia decisamente il nostro stare nella Chiesa, il nostro essere membra del Cristo, membra dello stesso corpo. Per cui in questi testi che sembrerebbero appunto parlarci di situazione catastrofica, situazioni di contraddizione, Gesù piuttosto dice no, sono una opportunità.
Mi piacerebbe dire la stessa cosa di quello che sta vivendo adesso la Chiesa. Sembra che ci siano sempre meno credenti, ci siano sempre situazioni più difficili, che la Chiesa insomma non vada tanto bene, è solo che abbiamo bisogno di ritrovare nella profondità del rapporto con Cristo chi siamo. Finché non vivremo dall'amore con cui siamo amati e nella certezza che questa è la nostra forza, questa è la nostra base, ma stiamo mettendo più le basi nella sicurezza economica, politica, sociale.
Guardate, peggio delle sabbie mobili! allora l'opportunità che stiamo vivendo adesso è rifondarci nell'amore con cui Cristo ci ama. Per cui oggi la Chiesa propone una giornata di riflessione sulla povertà, la Domenica dei poveri viene chiamata, che vuol dire di noi, i poveri non sono gli altri. Perché se penso alle beatitudini, la prima beatitudine è beati i poveri in spirito perché di essi è il Regno dei Cieli.
Ci dovremmo molto rallegrare di questo, perché quanto allo spirito siamo tutti molto poveri, ma abbiamo la fortuna che c'è chi ci ama e ci riempie del suo spirito, è per questo che è nostro il Regno dei Cieli. Se invece stiamo fissando lo sguardo (su qualcosa) e ci costa di rinunciare a cose o a situazioni o al controllo, è chiaro che siamo davanti al burrone, è la fine. Sperimentiamo la fine, il finire di quelle certezze che erano la tua forza economica, politica, sociale, la giovinezza... Fra cent'anni qua dentro tutte facce nuove, per cui se non ci mettiamo in questa prospettiva il rischio è che cerchiamo soltanto di arrancare, di prolungare e di tenere stretto delle cose che tanto stanno già finendo.
La prospettiva in cui Gesù ci sta dicendo di stare qual è? Entra nella mia. Lui è il più povero di tutti, perché? Non ha niente per sé, è tutto dono. E sentiamo che questa può essere anche per noi una proposta consistente di vita.
Prova a vedere come in questi anni che vivi, la tua vera ricchezza è il cuore che tu puoi donare, perché tanto le cose ce le hai per un po' in prestito, ma le lasci tutte. Ciò che ti rimane sarà proprio l'amore con cui hai amato, perché è quello che diventa l'attualità dell'eternità. L'attualità perché l'amore è una partecipazione a quello che sarà per sempre la vita in Dio, questo è l'amore.
Quindi chiediamo al Signore che di questo ci aiuti ad acquistare consapevolezza, così si capisce meglio questa frase finale del Vangelo. Con la vostra perseveranza, ὑπομονῇ  è il termine greco, molto bello, che vuol dire la capacità di stare sotto, di rimanere sotto, un po' come l'incudine sotto i colpi del martello. Se appena dai due colpi l'incudine parte non serve a gran che, l'incudine ha questa capacità di rimanere sotto i colpi e di stare lì.
Quindi con la nostra perseveranza, il saper rimanere in questa condizione continuando ad amare, salverete la vostra vita, la salverete, cioè sentirai una partecipazione della tua vita a ciò che è eterno. La nostra anima ci convincerà, sentirà nel profondo quell'amore che la rende cara a Dio per sempre, quindi non la perdi, si realizza, si compie. E questo è il progetto a cui oggi il Signore ci sta chiamando, facciamoci quindi coraggio e forza di questa chiamata per poterlo scegliere.
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Santi: dalla tribolazione alla vittoriaBy Stefano Savoia