Quel sano timore che è amore. Vangelo e omelia | 12ª Domenica. Milano 25 giugno 2023
0:00 Titoli di testa
0:11 Vangelo della 12ª Domenica del Tempo ordinario
2:07 Omelia
8:50 Titoli di coda
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Letture: Ger 20,10-13; Sal 68 (69); Rm 5,12-15; Mt 10,26-33.
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Trascrizione:
C’è un tema che a chiare lettere percorre questa Liturgia della Parola della XII domenica, ed è il tema della paura: della paura in generale, e della paura degli uomini — delle loro trame, dei loro giudizi.
Il profeta Geremia soffre «la calunnia» e le minacce degli uomini, si sente abbandonato anche dai suoi amici. Ma riafferma la sua fede nell’aiuto, nella Provvidenza del Signore: «Il Signore è al mio fianco come un prode valoroso». E lo invoca: «Signore degli eserciti, che provi il giusto, che vedi il cuore e la mente, a te ho affidato la mia causa!». E poi si rivolge al popolo per condividere con gli altri questa sua fede, questo suo coraggio che viene dall’aiuto del Signore, malgrado le minacce degli uomini: «Cantate inni al Signore, lodate il Signore perché ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori».
Gesù in questa parte del cosiddetto “Discorso Apostolico” ripete più volte ai suoi discepoli più intimi, chiamati ad essere “apostoli” cioè “missionari” del Vangelo, ripete più volte: «Non abbiate paura». (Questo modo ripetitivo di parlare è proprio del linguaggio orale. Quando si scrive, si cerca di non ripetere; invece, quando si parla, si ripetono spesso le stesse parole, le stesse frasi, gli stessi concetti, perché rimangano impressi. Ma non abbiate paura: non sarò troppo lungo!).
Gesù ripete più volte: «Non abbiate paura». Poi, però, dice: «Abbiate piuttosto paura». Possiamo riassumere: non abbiate paura degli uomini e abbiate paura, invece, di Dio. Però questo termine “paura” riferito a Dio non è preciso e non corrisponde certamente all’originale delle Parole di Gesù.
Gesù sta parlando del “timore di Dio” e il “timore di Dio” è diverso, sostanzialmente diverso dalla «paura degli uomini». Perché è così diverso? Perché Dio è infinitamente misericordioso, e perché Dio è infinitamente giusto; perché Dio non si sbaglia nei suoi giudizi; perché Dio è giusto nei suoi giudizi, a differenza spesso degli uomini.
Allora dobbiamo domandarci — ogni tanto, e anche come frutto di questa Parola di Dio che è stata proclamata: “Ma io di che cosa ho paura?” E corrispondentemente: “Cos’è che amo?”. Perché paura e amore sono i due sentimenti, le due passioni più forti che agitano o placano il cuore dell’uomo, il cuore di ciascuno di noi. Che cosa amo e che cosa temo? E la risposta che ci invita a dare Gesù è: “Amare e temere Dio”. Il santo timore di Dio ha a che fare con l’amore di Dio. È il timore del figlio che non vuole rattristare il padre. Invece, la «paura degli uomini» ci porta a fare cose a volte un po’ assurde, come nella storia del padre e del figlio e del loro asino. Erano in viaggio. Attraversano un villaggio; il padre monta sull’asino; il figlio invece cammina; e la gente commenta: “Ma guarda questo padre, si fa portare comodamente sull’asino mentre il figlio deve faticare a camminare”. Allora il padre scende e fa salire il figlio. Al villaggio successivo c’è chi critica perché dice: “Ma guarda, il figlio comodamente portato dall’asino, mentre il padre anziano e stanco deve faticare”. Allora, il villaggio dopo, questo padre e questo figlio che dànno retta al giudizio degli uomini lo attraversano a piedi tutti e due; e naturalmente ci sarà chi critica e dice: “Ma, uno dei due poteva farsi portare dall’asino; per quello ci sta, no?”. E alla fine dice che ammazzano l’asino e proseguono a piedi tutti e due. Questo succede quando diamo retta ai giudizi degli uomini, quando abbiamo paura dei giudizi degli uomini!
I giudizi degli uomini ci portano anche a non dare testimonianza della nostra fede in Dio, nel suo amore, del nostro santo timore di Dio. Dunque Gesù ci mette in guardia: «Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli (nell’ultimo giudizio s’intende); chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli». E questo sia il riferimento principale — definitivo! — delle nostre paure e dei nostri amori.
San Paolo ricorda ai Romani che Gesù è morto per gli uomini, ma Gesù è anche vivo, è anche risorto; è il nuovo Adamo, chiamato a morire ma per poi risorgere. Ecco perché non temiamo né la persecuzione né la morte che ci possono arrecare gli uomini.
Ecco perché dobbiamo fare nostra questa preghiera con cui abbiamo iniziato la Liturgia: “O Signore, che non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore, donaci di vivere sempre nel timore e nell’amore per il tuo santo nome!”. Questo ci ottenga l’intercessione potente della Madre di Dio e Madre Nostra. Così sia! Amen!