Cesare Fracanzano Filosofo Acquistato ad un’asta di Finarte nel 1985 è attribuito a Cesare Fracanzano. Probabilmente venne realizzato tra il 1635 e il 1656 I due fratelli Fracanzano, Cesare e Francesco furono riconosciuti da De Dominici come “fratelli molto virtuosi in pittura ma disgraziati a segno, che stentavano a satollarsi di pane” Nati a bisceglie studiarono a Napoli nella bottega di Ribera e ottennero, soprattutto cesare alcune importanti commissioni come quella per i padri gesuiti di Napoli nella chiesa del Gesù vecchio . Grazie a questa esperienza Cesare venne notato dai fratelli Carducci di Taranto i quali vollero affidargli la realizzazione di alcune pitture ovali per adornare il loro palazzo nobiliare nella cittadina ionica. Tali commissioni portarono del denaro in famiglia e così i due fratelli cominciarono a trattare medaglie antiche per mestiere e pare che divennero abbastanza esperti in questo campo. Nel frattempo Cesare aveva sposato una bellissima donna, Beatrice Coviello che divenne la modella di molti suoi dipinti. Le alterne fortune dei due fratelli nel campo della pittura facevano da contraltare alle vicissitudini della loro vita. Nel 1647 entrambi parteciparono ai moti napoletani di Tommaso Aniello (Masaniello), formando un gruppo di facinorosi detto “compagnia della morte”. Le loro sorti all’indomani del fallimento della rivolta furono quelle di andar via da Napoli e così Cesare se ne andò in Francia, però lontano dalla sua consorte fece ritorno in patria e qui appena giunto venne messo in prigione. Grazie alla protezione del principe Della Rocca e successivamente del duca di Campomele sia cesare che Francesco non soltanto riuscirono ad evitare le prigioni ma dipinsero alcune opere in segno di ringraziamento. Tuttavia da questo momento la fortuna cominciò a voltare le spalle ai due fratelli. Probabilmente la concorrenza di pittori quali lo Spagnoletto, Imparato, Caracciuolo, Belisario, Andrea Vaccaro, o forse, dice De Dominici qualcosa che non sappiamo colpirono duramente i Fracanzano che si ridussero a fare opere che vendevano per pochi spiccioli ai rigattieri e questo compromise pure la reputazione delle loro stesse opere. In tutto questo Cesare non ebbe di meglio da fare di screditare Salvatore Rosa presso i Gesuiti ma ciò non lo aiutò affatto anzi lo fece cadere in una miseria ancora più profonda che finì per toccare i sentimenti di suo fratello Francesco il quale ad un certo punto, ce lo racconta sempre De Dominici perse il ben dell’intelletto e ciò lo condusse fino alla morte. A peggiorare la situazione ci fu la peste del 1656 che colpì Napoli dove vivevano i due fratelli. Francesco, scampato al morbo, seppe che suo fratello Cesare era ridotto in estrema povertà e viveva in un paese vicino con la moglie e i suoi figli. Colto da follia e rabbia istigò alcuni napoletani ad insorgere contro gli spagnoli, ma per questo venne imprigionato e accusato dal vicerè conte di Ognatte di aver sobillato gli animi del popolo e addirittura tentato di diffondere il morbo cercando di avvelenare tutti. Fu così condotto in carcere a Castel dell’Ovo e lì ucciso con una dose di veleno. Si qui le note biografiche che partendo dalle parole di De Dominici sembrano ripercorrere tesi un po’ stereotipate sulle condizioni economiche e di vita dei due fratelli, che finiscono anche per ripercuotersi sul giudizio sulla loro arte che viene altresì consolidato dalle parole di Roberto Longhi “Spinelli e i naturalisti napoletani del Seicento, in ‘Paragone. Arte’, 227, 1969, pp. 42-52: 48-49: “Dei due pugliesi Cesare e Francesco Fracanzano, il primo non è quasi degno di memoria speciale; i due ‘Lottatori’ del Prado sono un dipinto stolido. D’ordine più alto, almeno fin verso il 1640, è invece Francesco. I dipinti del 1638 sono le Storie di san Liguoro, ovvero San Gregorio Armeno (nella chiesa omonima) sono cose più serie e non mi par dubbio che queste strappature e lambelli nei panneggi e nei calzari non arieggino ancora l’estetica zingaresca dello Spinelli”. In realtà studi più recenti hanno evidenziato elementi nell’arte dei due Fracanzano degni di nota. Anche il repertorio di opere di Francesco Fracanzano, del quale Michele d’Elia sosteneva che poco era rintracciabile, si sta arricchendo di una serie di opere che si aggiungono alle pitture già note come il Salvatore Mundi a Taranto e l’Uomo che legge conservato a Lecce. Molte opere di genere con ritratti grotteschi presenti in collezioni private e le cui immagini sono conservate nell’archivio di Federico Zeri rivelano i tratti caratteristici di questo pittore. Tratti estremi che parlano di un linguaggio sicuramente derivato dalla lezione caravaggesca e napoletana ma in grado di suscitare nuovi scarti emotivi. Per tornare alla nostra testa conservata nella Pinacoteca di Bari, da sempre il riferimento è invece stato alle opere di Cesare Fracanzano, soprattutto ai 12 ovali realizzati per il Palazzo Carducci di Taranto intorno al 1640. Sono immagini di Santi si annoverava un S. Sebastiano, S. Girolamo, S. Michele Arcangelo, S. Andrea, S. Giovanni Battista che ebbero un destino non proprio felice. Abbandonati, furono quasi dimenticati, fu persa la notizia del loro autore tant’è che molti vennero identificati con un ignoto antico pittore, alcuni furono addirittura ridipinti da qualche ambizioso restauratore. Eppure in questi ovali si avverte tutta la maniera di tale pittore e il suo legame con la scuola del Ribera. Il tratto del disegno, anche i colori (anche se le immagini sono spesso in bianco e nero) rivelano un percorso di questo artista verso una notevole maturità compositiva. Il giudizio di Longhi su Cesare è sicuramente impietoso anche se… per parlare della testa conservata in Pinacoteca più di un fondato dubbio sovviene se la si paragona all’immagine fotografica conservata nell’Archivio di Zeri dell’Incredulità di San Tommaso. Qui i tratti del santo dipinto da Francesco Fracanzano ricalcano quasi in modo pedissequo l’ovale di Bari e nel resto della composizione di ubicazione ignota compaiono altri personaggi che sono in linea con i volti grotteschi e accigliati di Francesco. Insomma questa pittura finisce per contenere in sé le storie di due fratelli dalla vita avventurosa e forse ancora in parte da riscrivere, ma sicuramente due protagonisti della pittura meridionale della metà del ‘600.
Riferimenti Bibliografici Bernardo De Dominici, Vite dei pittori, scultori ed architetti napoletani, 1684-1750, Napoli 1840 Testi La Pinacoteca Provinciale di Bari, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 2006 Mostra dell’Arte in Puglia dal Tardo Antico al Rococò, a cura di Michele D’Elia, Congedo 1964 L. Speziale, Su alcune tele di Cesare Fracanzano nel palazzo Carducci-Artenisio, in Taras, n. 1-2, aprile 1928 Gianluca Forgione, Per Cesare e Francesco Fracanzano, in Studi di Storia dell’Arte, 24/2013.