Santi: dalla tribolazione alla vittoria

Giovedì 20-11-25 A volte bastano cinque secondi di ascolto vero per evitare di indurire il cuore.


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Trovandoci davanti un testo particolarmente intenso e unico, non troviamo spesso che Gesù pianga e sono sicuro che non vogliamo trasformarlo semplicemente in un fatto nostalgico o sentimentale. Qual è la motivazione del pianto? Se proviamo a entrarci dentro nelle sue stesse parole si capisce cosa significhi l'amore non amato. Il pianto di Gesù ha a che fare con tutta l'attenzione e la dedizione di Dio alla sua creazione e in particolare a questo popolo che ha coltivato, custodito, non l'ha semplicemente creato.
Lo ha modellato attraverso le parole dei profeti, attraverso una storia di salvezza che si sta manifestando nella persona di Gesù davanti ai loro occhi nell'attesa, quella promessa che era stata fatta si sta realizzando e c'è una grande incomprensione, o meglio. Forse non è solo l'incomprensione, proprio perché dicevo amore non amato: c'è una contrapposizione che non cessa. Ma se volete questo potrebbe essere anche motivo di riflessione per ciascuno di noi. Quanto accogliendo l'amore con cui Dio ama l'umanità nella quale ci sono anch’io; e io quanto sto entrando in sintonia con Lui o quanto continuo per la mia strada.
Senza fare facili sentimentalismi, la nostra vita può concorrere al pianto di Cristo o anche alla redenzione di Cristo. Alla novità che Cristo è venuto a portare attraverso un atto di grande vigore. Perché possiamo fare anche delle manifestazioni per la pace, anche oggi, e crederci forse apposto, ma non credo che basti perché non si tratta semplicemente di aderire a degli slogan, passa da una scelta di vita concreta.
Sì, non sono terminati i momenti in cui il Cristo interviene in questa storia, anche nella nostra storia personale, attraverso una disponibilità o una durezza di cuore. E qui c'è, l'abbiamo ascoltato anche nel versetto al Vangelo, il Salmo 94, oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore. E qual è la voce del Signore? Beh, mi piacerebbe interpretarla così, anche nella grande difficoltà di leggere i libri dei Maccabei, soprattutto di questi tempi, mi piacerebbe provare a intenderla più in un senso spirituale.
Questa lotta e questo combattimento, non fatto di persone da eliminare, ma di scelte di adesione a quella fedeltà di Dio, anche dove ci sono tante interruzioni, e sono i nostri pensieri, i nostri egoismi, i nostri orgogli che diventano concreti come fossero persone che noi possiamo scegliere come alleati, oppure combattere come nemici, soprattutto quando ci spingono contro i fratelli. Allora, oggi facciamo nostro, non soltanto il pianto salvifico di Gesù, il sentire come c'è la sua vita offerta, per cui c'è un dolore nel continuare ad amare chi non ama. E questa offerta la possiamo fare nostra mantenendo quello che dice San Paolo nella Lettera ai Filippesi, quello di custodire nel nostro cuore gli stessi sentimenti di Cristo, il quale, pur essendo nella natura divina, non considerò una rapina l'essere come Dio, ma svuotò se stesso. E facendosi nostro fratello ha ereditato il nome più prezioso di tutti, quello che dovremmo custodire anche ciascuno di noi, figlio, figlio amato e quindi fratello di questa umanità. Con questa disponibilità rimettiamo anche tutta la nostra vita in un ascolto generoso di Dio che ci parla.
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Santi: dalla tribolazione alla vittoriaBy Stefano Savoia