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Nel cuore del deserto turkmeno, in un bar con Wi-Fi clandestino, Luca Frongia racconta in diretta a Unica Radio il suo incredibile viaggio attraverso il Mongol Rally. Partito dall’Europa, insieme a un team italo-norvegese-australiano, sta attraversando oltre venti paesi su un’auto non convenzionale. La corsa, infatti, impone regole precise: veicoli piccoli, percorsi imprevedibili e uno spirito solidale che sostituisce ogni forma di assistenza ufficiale.
«Siamo nel nostro quindicesimo paese, il Turkmenistan», racconta Luca, «un luogo affascinante, raro da visitare, dove ogni città ha regole incredibili come quella di Ashgabat, in cui tutto dev’essere bianco, dalle auto agli edifici». Il viaggio finora ha mostrato l’ospitalità dei popoli, la curiosità di chi non conosce il Rally ma si ferma a offrire aiuto, indicazioni, o semplicemente a firmare il cofano della macchina, ormai coperto di nomi e messaggi da ogni angolo del mondo.
Tra i momenti più complessi c’è stato il passaggio dal confine russo-kazako: problemi con i visti hanno costretto Luca e il suo equipaggio a vendere temporaneamente l’auto e attraversare a piedi, prima di riprenderla più avanti. Ma è proprio in queste difficoltà che si fa spazio l’anima del Rally: «Abbiamo visto la solidarietà vera», dice, «persone che ci prestavano contanti per poter fare benzina, quando le carte non funzionavano e cambiare denaro era quasi impossibile».
Ogni deviazione si trasforma in scoperta. L’Iran è saltato per motivi burocratici, ma ciò ha portato il gruppo a esplorare il nord della Russia. «In un villaggio una signora ci ha venduto la benzina e ci ha poi invitati a cena. Abbiamo capito forse l’un per cento delle sue parole, ma il senso era chiaro: accoglienza e umanità superano qualsiasi barriera linguistica o politica».
L’auto, una vecchia utilitaria, ha affrontato strade sterrate, deserti sabbiosi e guasti tecnici, come un tubo della benzina rotto. Riparata in trenta minuti da un meccanico georgiano, è tornata in pista, pronta per affrontare anche i 50 km di off-road tra Kazakistan e Turkmenistan. La musica non manca: dal rock italiano agli animati, ogni canzone alimenta l’entusiasmo e la determinazione.
«Il Mongol Rally non è solo un viaggio su ruote», conclude Luca, «è un modo per imparare a vivere la complessità del mondo con leggerezza e curiosità. Dove non arriva il GPS, arriva la relazione umana».
Prossime tappe? Il cratere del fuoco di Darvaza, poi Buchara, in Uzbekistan. Il viaggio continua, tra cultura, sorpresa e la certezza che, anche quando manca internet, c’è sempre un modo per comunicare. E forse è proprio lì, tra un pasto condiviso e un prestito improvvisato, che nasce l’Europa più vera.
By UnicaRadio.itNel cuore del deserto turkmeno, in un bar con Wi-Fi clandestino, Luca Frongia racconta in diretta a Unica Radio il suo incredibile viaggio attraverso il Mongol Rally. Partito dall’Europa, insieme a un team italo-norvegese-australiano, sta attraversando oltre venti paesi su un’auto non convenzionale. La corsa, infatti, impone regole precise: veicoli piccoli, percorsi imprevedibili e uno spirito solidale che sostituisce ogni forma di assistenza ufficiale.
«Siamo nel nostro quindicesimo paese, il Turkmenistan», racconta Luca, «un luogo affascinante, raro da visitare, dove ogni città ha regole incredibili come quella di Ashgabat, in cui tutto dev’essere bianco, dalle auto agli edifici». Il viaggio finora ha mostrato l’ospitalità dei popoli, la curiosità di chi non conosce il Rally ma si ferma a offrire aiuto, indicazioni, o semplicemente a firmare il cofano della macchina, ormai coperto di nomi e messaggi da ogni angolo del mondo.
Tra i momenti più complessi c’è stato il passaggio dal confine russo-kazako: problemi con i visti hanno costretto Luca e il suo equipaggio a vendere temporaneamente l’auto e attraversare a piedi, prima di riprenderla più avanti. Ma è proprio in queste difficoltà che si fa spazio l’anima del Rally: «Abbiamo visto la solidarietà vera», dice, «persone che ci prestavano contanti per poter fare benzina, quando le carte non funzionavano e cambiare denaro era quasi impossibile».
Ogni deviazione si trasforma in scoperta. L’Iran è saltato per motivi burocratici, ma ciò ha portato il gruppo a esplorare il nord della Russia. «In un villaggio una signora ci ha venduto la benzina e ci ha poi invitati a cena. Abbiamo capito forse l’un per cento delle sue parole, ma il senso era chiaro: accoglienza e umanità superano qualsiasi barriera linguistica o politica».
L’auto, una vecchia utilitaria, ha affrontato strade sterrate, deserti sabbiosi e guasti tecnici, come un tubo della benzina rotto. Riparata in trenta minuti da un meccanico georgiano, è tornata in pista, pronta per affrontare anche i 50 km di off-road tra Kazakistan e Turkmenistan. La musica non manca: dal rock italiano agli animati, ogni canzone alimenta l’entusiasmo e la determinazione.
«Il Mongol Rally non è solo un viaggio su ruote», conclude Luca, «è un modo per imparare a vivere la complessità del mondo con leggerezza e curiosità. Dove non arriva il GPS, arriva la relazione umana».
Prossime tappe? Il cratere del fuoco di Darvaza, poi Buchara, in Uzbekistan. Il viaggio continua, tra cultura, sorpresa e la certezza che, anche quando manca internet, c’è sempre un modo per comunicare. E forse è proprio lì, tra un pasto condiviso e un prestito improvvisato, che nasce l’Europa più vera.