Il racconto tratta di una città antichissima, abbandonata, "remota nel deserto d'Arabia", "le basse mura quasi sepolte dalle sabbie di età infinite", senza nome perché "nessuna leggenda è così antica da risalire fino ad essa per darle un nome, o per ricordare che fu mai viva un giorno". Il protagonista, attratto da strane folate di vento che si alzavano all'interno della città senza nome "sebbene la luna fosse limpida e il resto del deserto immobile", si avventura all'interno della città, poi in una caverna e in un lunghissimo cunicolo luminescente dove trova ciò che rimane di una civiltà di rettili bipedi antidiluviani. Nella descrizione della città il protagonista del racconto accenna a "proporzioni e dimensioni di quelle rovine" che non gli piacciono, anche perché non trova "un solo rilievo, una sola iscrizione che parlasse degli uomini che avevano costruito la città e vi avevano vissuto". Dopo aver sognato questa città, dichiara il protagonista, il poeta pazzo Abdul Alhazred, l'autore del Necronomicon, formulò i suoi più famosi versi: "Non è morto ciò che può attendere in eterno, e col volgere di strani eoni anche la morte può morire."