Dove iniziamo il viaggio dell'eroe insieme a due ragazzi francesi che scappano dalla peste durante la Guerra dei Cent'anni, scendiamo in un paio di digressioni storiche, e vediamo se il manuale del signor Vogler ha davvero ragione.

Dove discettiamo di un romanzo epistolare del Settecento in cui dei libertini giocano all'amore; noi che libertini lo siamo quanto Dante fosse romano cogliamo l'occasione per discutere di relazioni, di importanza femminile, del valore delle lettere, e che non è sempre per forza vero che i libri siano meglio dei film.
Ah: è anche la puntata dove abbiamo il nostro primo ospite ufficiale.

Dove apriamo lo scatolone dei ricordi e ripercorriamo 7 capitoli di una delle saghe più iconiche della storia dei videogiochi; il professore per una volta ha delle cose da dire, il game designer si trasforma in uno storico, e il fonico assurge al rango che gli spetta di compositore ufficiale, demiurgo dichiarato e unico vero valore aggiunto di questo podcast.

Contiene tracce di imprecazioni, chocobo e vagoni di nostalgia.

Dove parliamo di un autore versiliese che scrive come un americano, dell'importanza dei personaggi secondari, e di come approcciarsi al mondo con la sintassi di un bambino lo possa rendere estremamente tenero o estremamente brutale.
Il professore abusa della parola "assolutamente" e il game designer sfoggia la sua perfetta pronuncia spagnola.

Dove un gioco che parla di un uomo da solo su un'isola che risolve rompicapi si trasforma nell'occasione per ragionare di linguaggi, conoscenza, comunicazione e poesia metasemantica.

Dove ragioniamo di libri per l'infanzia, di crudeltà educativa, hipsterismo cinematografico, e dove ti dimostriamo che Luis Sepulveda, con questo libro, è l'autore che più di ogni altro ha contribuito a formare la coscienza generazionale dei millennials.
Quindi se sei nato a cavallo del 1990 dovresti dirgli un grazie, o almeno volergli bene.

Dove spieghiamo come Hideo Kojima crei giochi della madonna, predica il futuro, e tenti di convincerti che Amazon sia bello. Nel frattempo ragioniamo di attualità, di maschere digitali e riusciamo a dire l'aggettivo "autotelico" in maniera sensata e opportuna.

Dove si viaggia fra squallori indiani, discoteche tedesche, postini americani e napoletani peruviani. L'insegnante propone, il game designer dispone, e il fonico ancora flirta con le sigle da sitcom anni '90.

Un game designer e un insegnante che, durante una quarantena, ragionano di un videogioco dove un uccello antropomorfo scambia piume per poter telefonare alla mamma.
Potevamo desiderare inizio migliore?
Forse si.