Santi: dalla tribolazione alla vittoria

Lunedì 1-12-25 1 Avv “Verrò e lo guarirò.” Avvento è smettere di dire “sto bene così” e lasciarlo entrare proprio dove fa male.


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È il primo giorno feriale di questo tempo di avvento e inizia sempre con questo testo del Vangelo. Avvento, ci stiamo preparando al fatto che il Signore viene. Queste parole, chi le sta attendendo? Di solito chi è nel bisogno, attende un aiuto chi è nel bisogno.
Chi pensa di essere già a posto se ne guarda bene. Ma chi ha bisogno troverà un Signore che viene e quando viene è anche disponibile. Dice verrò e lo guarirò il tuo servo, quello che tu ami, non è semplicemente uno che ti serve, è qualcuno che fa parte di te. È come se dicesse io verrò e ti guarirò, te, riguarda te. Perché riguarda la tua casa, la tua intimità, riguarda la tua storia, riguarda il tuo star bene. Allora, pensate, è così importante questo brano che è entrato nella liturgia e dovunque viene citato.
Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto. Signore, non sono degno di partecipare alla tua Mensa, ma di soltanto una parola e io sarò salvato, e il mio servo sarà guarito.
Questo ci dovrebbe interessare. È come se qui stessimo toccando con mano un punto fondamentale, qualcosa da cui non possiamo prescindere. Il Signore viene, anche oggi viene.
E noi ne possiamo fare esperienza attraverso un atto di fede che ci tocca in ciò che ci interessa davvero. Ma dove vogliamo che venga adesso, nella nostra vita, nella nostra storia, dove sono quelle ferite, quelle necessità in cui invochiamo la sua presenza e lo invochiamo come Signore? Non entro, ma questo appunto è uno straniero e lo chiama Signore. Vabbè, forse anche tutta la nostra abitudine non se ne rende conto di questo.
Anche l'abitudine nella preghiera, possiamo dire a ripetizione delle parole fondamentali, ma senza che attraversino quelle ferite, quegli spazi che hanno bisogno di quella misericordia, di essere guariti, risanati. Possono passare direttamente dal ricordo alla bocca senza attraversare le ferite. Allora proviamo anche noi a lasciare che ci sia un passaggio ulteriore.
Credo che c'è una fede potente e guardate che tante persone che anche oggi credono veramente nella grazia del Signore, non fanno la comunione perché la loro condizione di vita in questo momento presenta delle contraddizioni, ma in questo momento si uniscono con una intensità perché sanno che non vanno a ricevere l'Eucarestia nella Messa, però sanno che la Chiesa sta facendo la comunione in quel momento e loro fanno parte della Chiesa. E quindi quell'Eucarestia che sta avvenendo anche nella comunione eucaristica li riguarda intimamente, profondamente. E credo che dovremmo sentirne tutti la responsabilità di fare la comunione, non per me e basta, ma perché la Chiesa con le sue ferite e la sua storia sia in quella comunione.
Forse abbiamo delle persone, anche dei familiari, che non fanno la comunione da anni e noi in quel momento possiamo fare la comunione anche per loro. Credo che questo ci dica dove arriva la fede nella Parola: di soltanto una parola e io e noi e il mio servo, le mie ferite, lì entrerà la salvezza. Ecco perché Gesù si meraviglia.
Non è facile stupire Gesù e qui si meraviglia. E a questa espressione che dice la sua meraviglia: il vedere che siederanno a mensa con gli uomini di fede, Abramo, Isacco, Giacobbe, i patriarchi, quelli che sono nel regno sono a mensa con queste persone che fanno lo stesso atto di fede nella parola che il Signore compie. Chiediamo anche noi di avere un po' di questa fede.
Ci riconosciamo indegni, non è un merito, ma io non vengo perché te lo meriti, vengo perché ho scelto di venire. Ricordiamo questo, altrimenti certe volte ci sentiremmo anche in diritto di dire, ma io sono a posto Signore, com'è che non… (fai come dico io?). Allora con un vero bagno di umiltà lasciamo che il Signore venga e ci trovi così, non meritevoli, ma fiduciosi.
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Santi: dalla tribolazione alla vittoriaBy Stefano Savoia