Santi: dalla tribolazione alla vittoria

Lunedì 17-11-25 Gesù chiede: “Cosa vuoi che io faccia per te?”. A volte la fede comincia dal trovare il coraggio di rispondere.


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Ho sempre uno stupore nell'accostare il Vangelo, soprattutto in certi frangenti, perché ho come la percezione che il Signore anche qui ci stia precedendo. Cioè, noi siamo in questo momento un po' come questo cieco, siamo, giacciamo, come dice letteralmente il termine, ci mettiamo ai bordi di questa città, che Gerico si capirà poi nei versetti successivi, che non abbiamo letto oggi, ma lo accennerò, giacere è la condizione di chi non è attivo, di chi si aspetta tutto perché non può fare niente, e poi giace da cieco. L'umanità, finché non si incontra, non sente, non percepisce che il Cristo passa, e allora può gridare a Lui che è un'umanità che non ha molta speranza, come chi non ha la fiducia che il Signore non soltanto è risorto, Lui è la vita e la risurrezione è la vita.
Quindi oggi possiamo essere carichi di speranza perché sappiamo che Guerrino, che come dice il suo nome è un guerriero, un lottatore, adesso può entrare nella vittoria. Dopo un lungo combattimento della vita, ho avuto la fortuna di conoscere (i figli) Sergio e Stefano, per cui mi hanno raccontato tante situazioni della vita, in cui ha affrontato prove su prove sin dall'infanzia, adesso può vedere che l'esito del suo combattimento è entrare nella vittoria che gli viene donata, non è che l'ha vinta con le sue forze, Lui ha combattuto perché ha creduto nel bene e nell'amore, comunque e sempre, e questo l’ha portato ad un esito, ed è quello a cui noi ci vogliamo unire oggi, perché questo c’è. Possiamo essere noi in questo istante, che non facciamo altro che gridare al Signore Gesù che passa, il nostro desiderio di vedere, vedere in un modo nuovo, come dice letteralmente questo testo. Ma vorrei dire che c'è una cosa abbastanza rara, Gesù chiede cosa vuoi che io faccia per te.
Questo facciamo fatica a crederlo, che Lui personalmente ci chieda, ma tu cosa vuoi che io faccia per te? Se come questo cieco anche noi diciamo Signore che io veda, veda di nuovo, o come mi piacerebbe tradurlo sempre letteralmente, che io veda dall'alto, che vuol dire lì dal luogo in cui tu sei, tu sei nella posizione in cui vedi le cose ma non distaccato, dall'alto un po' come l'aquila che vede tutto, vola sopra e conosce tutto perché quindi vede anche ciò che sta arrivando da più lontano. Forse è la prospettiva del cielo alla quale noi non siamo abituati, perché lo mettiamo sempre nelle cose che verranno dopo, e invece adesso ci viene anticipato qualcosa che verrà dopo, quindi è adesso, non sarà semplicemente dopo. Adesso c'è questa fiducia, se il Signore passa, passa per essere vita per noi, tant'è che nella fiducia che noi abbiamo in un Signore presente sappiamo che si stabilisce ancora più profondamente la comunione tra terra e cielo.
Questo è un momento di grazia, mi permetto di dirlo non solo perché non ci sono più le sofferenze che sono le cose che noi cerchiamo di esorcizzare in tutti i modi, ma non c'è solo la mancanza di sofferenza, adesso c'è una pienezza, una completezza. Quello che noi potremmo sperare è che si possa abbracciare con sua moglie, cioè che l'amore che lo ha guidato, lo ha sostenuto nel percorso della vita, ha a che fare anche con la pienezza in cielo. Noi costruiamo così il cielo già adesso, questa è un po' la nostra responsabilità, di credere che l'amore non è una specie di anestetico per non sentire il male della vita, ma è la pienezza della vita, è per questo che entreremo in questa pienezza.
Allora, mi piace la conclusione di questo piccolo brano del Vangelo che non soltanto ci fa vedere come il Signore ci ascolta personalmente, ci chieda cosa desideriamo e ce lo doni, ma che questo abbia subito un effetto totale, generale. Perché non soltanto lui subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo, che questa dovrebbe essere per noi la prospettiva, seguire Lui, il Signore della vita, ma lo facciamo glorificando Dio, cioè dando gloria a Dio perché Lui ci fa vedere veramente la vita nuova. Ma l'esito è che tutto il popolo, vedendo, diede gloria a Dio, cioè forse noi oggi abbiamo bisogno di accorgerci, di renderci conto che non soltanto Guerrino è entrato nella gloria di Dio, ma ci sta invitando a rallegrarci con lui per l'esito della sua vita.
E non è semplicemente dire non siate tristi per me, ma non siate tristi neanche per voi, mi dici, siate un po' generosi, pensate anche a me, non pensate solo a voi, pensate a me, pensate alla mia gioia e se volete condividetela, cioè sappiatemi nella gioia e questo vi renda gioiosi. Vedete questo perché anche la nostra vita per ora è nella fede, ma arriverà il momento in cui ci sarà anche per noi la visione piena. Adesso lo vediamo dal punto di vista della fede, è già un partecipare di questo dono della vita nuova nella quale Guerrino, i nostri cari che già ci hanno preceduto nella casa del Padre, stanno contemplando, stanno vivendo, stanno realizzando con l'esito della loro vita.
Sia per noi quindi un vero giorno di trasformazione, da uno sguardo semplicemente alle cose terrene, allo sguardo nuovo che in Cristo risorto possiamo avere di vita eterna perché solo in quel momento sentiremo che tutto concorre al bene per coloro che amano Dio.
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Santi: dalla tribolazione alla vittoriaBy Stefano Savoia