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Il Barbacarlo di Lino Maga
Spesso sono i poeti o i filosofi a darci le descrizioni migliori delle nostre passioni o tormenti, come fa Roger Scruton nel descrivere il vino, da lui amato tanto da scriverci un libro.
"Attraverso il vino l'essenza distillata del suolo sembra riversarsi nelle vene risvegliando il corpo alla vita; e, una volta impregnato il corpo,
il vino invade l'anima, i pensieri galoppano, i sentimenti si liberano"
Sono a Broni, dopo alcune telefonate a Giuseppe, figlio di Lino Maga riesco ad infilarmi sotto l'arco che porta all'ingresso sul retro della bottega-cantina di questo che è un simbolo dell'enologia pavese e un riferimento per tutti, il Barbacarlo di Lino Maga che si fa con il 50% di Croatina, 30% Uva rara e il restante 20% Ughetta. La cantina risale al 1896.
Accende l'ennesima sigaretta, si siede girato verso di me e accavallando le gambe incomincia a declinare la storia dei vini che ha messo sul tavolo, come fosse un corpo scolpito nella pietra liquefatto in una bottiglia, ognuna diversa dall'altra che sa regalare meraviglie enoiche ad ogni annata.
Il vino fatto in vigna, infatti, non è mai lo stesso, ad ogni anno assorbe le temperature, l'umidità, i venti e gli umori ballerini. Le viti ricevono solo zolfo e tutta la sapienza contadina che serve a formare il mosto che si trasforma in vino grazie alla terra e viti centenarie.
Uva sapientemente trasformata in vino quasi eterno che sa di terra, la terra unica di queste colline.
E' lui, Lino Maga a dar vita a questo vino unico e longevo, schietto e mai ruffiano, direi controcorrente in un mondo ormai omologato dove le diversità sono bandite, i sapori piatti e tutti uguali, la diversità fra uomo e donna verso la cancellazione, e dove anche i capezzoli (disegnati) sono banditi dai grandi social. Al Barbacarlo è permesso ancora di essere nudo e di mostrarsi per quello che è, schietto e figlio di una terra che regala sogni. Questo per fortuna non potrà mai essere bandito.
continua
©2020 Luca Scainelli
errante del gusto
Il Barbacarlo di Lino Maga
Spesso sono i poeti o i filosofi a darci le descrizioni migliori delle nostre passioni o tormenti, come fa Roger Scruton nel descrivere il vino, da lui amato tanto da scriverci un libro.
"Attraverso il vino l'essenza distillata del suolo sembra riversarsi nelle vene risvegliando il corpo alla vita; e, una volta impregnato il corpo,
il vino invade l'anima, i pensieri galoppano, i sentimenti si liberano"
Sono a Broni, dopo alcune telefonate a Giuseppe, figlio di Lino Maga riesco ad infilarmi sotto l'arco che porta all'ingresso sul retro della bottega-cantina di questo che è un simbolo dell'enologia pavese e un riferimento per tutti, il Barbacarlo di Lino Maga che si fa con il 50% di Croatina, 30% Uva rara e il restante 20% Ughetta. La cantina risale al 1896.
Accende l'ennesima sigaretta, si siede girato verso di me e accavallando le gambe incomincia a declinare la storia dei vini che ha messo sul tavolo, come fosse un corpo scolpito nella pietra liquefatto in una bottiglia, ognuna diversa dall'altra che sa regalare meraviglie enoiche ad ogni annata.
Il vino fatto in vigna, infatti, non è mai lo stesso, ad ogni anno assorbe le temperature, l'umidità, i venti e gli umori ballerini. Le viti ricevono solo zolfo e tutta la sapienza contadina che serve a formare il mosto che si trasforma in vino grazie alla terra e viti centenarie.
Uva sapientemente trasformata in vino quasi eterno che sa di terra, la terra unica di queste colline.
E' lui, Lino Maga a dar vita a questo vino unico e longevo, schietto e mai ruffiano, direi controcorrente in un mondo ormai omologato dove le diversità sono bandite, i sapori piatti e tutti uguali, la diversità fra uomo e donna verso la cancellazione, e dove anche i capezzoli (disegnati) sono banditi dai grandi social. Al Barbacarlo è permesso ancora di essere nudo e di mostrarsi per quello che è, schietto e figlio di una terra che regala sogni. Questo per fortuna non potrà mai essere bandito.
continua
©2020 Luca Scainelli
errante del gusto