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Nichelino - Serena Vanzillotta


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Ci sono posti del cuore, posti preferiti, posti che si scelgono, e poi ci sono posti che non si sono scelti affatto ma che si finisce lo stesso un po’ per amare.
Vivere a Nichelino è una di quelle cose che non si fanno per scelta, ti ci ritrovi e basta. Quando a sei anni i tuoi genitori decidono di trasferirsi comprare casa in periferia, perché lì le case costano meno.
Nichelino come un po’ tutte le città di cintura, porta con sé il marchio della serie D se non fosse che della serie D trasuda anche il nome: il Nichel, i 20 cent del regno d’Italia, perché le sue terre paludose e infruttuose non valevano nulla. E nell’estate del ‘97 al ritorno dai tre mesi di vacanza a casa della nonna, che ritrovi nastri plastificati a strisce bianche e rosse, lungo le strade del grande parco di via Debouchè, proprio quella all'angolo con l'imbocco della tangenziale. Su uno dei cartelli la scritta: “Vietato calpestare l’erba, causa siringhe”. Avevo da poco imparato a leggere e sapevo che cosa fosse la droga perché nella casa in cui eravamo in affitto il figlio del vicino c’era rimasto sotto. Però non avevo mai visto tante siringhe tutte insieme buttate lì nell’erba. In mezzo al parco c’era anche una palude che con la bella stagione si riempiva di anatre. Con i miei amici ci divertivamo a vederle starnazzare mentre davamo loro da mangiare del pane. Poi, come spesso accade alle zone di serie D, il parco è stato bonificato, e ora al posto dello stagno c’è una grossa area cani recintata. Le siringhe sono scomparse, e con loro sono volate via anche le anatre. Ma percorrendo quelle strade se si presta attenzione si può ancora sentire tra i fili d'erba e il cemento, il sapore strano della libertà di quei bambini felici che pedalano su BMX dai copertoni colorati, con le mani al cielo, e il vento caldo sulla faccia.
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CiVediamoQuiBy Loquis