Oggi, leggendo le Scritture, ciò che mi colpisce è il tema del timore, del turbamento, della paura. Gesù, poco prima della sua Passione, incoraggia i suoi discepoli con parole che sanno di consolazione: “Non sia turbato il vostro cuore”. Sta per lasciarli, ma promette che tornerà. In quel momento, però, per loro prevale la paura dell’addio, del sentirsi abbandonati. Anche negli Atti degli Apostoli si respira un clima difficile, di tensione, ad Antiochia di Siria, dove la comunità cristiana si apre ai pagani. Sorge allora la domanda: questi nuovi credenti devono seguire la legge di Mosè? Devono essere circoncisi?
Il turbamento causato da un insegnamento escludente
Alcuni venuti dalla Giudea si recano ad Antiochia e portano un messaggio forte: “Se non vi fate circoncidere, non potete essere salvati”. Questo crea scompiglio, turbamento nella comunità. “Ma come?”, si chiedono i nuovi cristiani, “ci avevano detto che eravamo salvi, ora ci dicono il contrario?” È un momento di grande confusione. Questa questione, così spinosa, viene affrontata nel capitolo 15 degli Atti, a cui sono particolarmente affezionato. Quando ero a Gerusalemme, avevo dipinto proprio un’icona che rappresentava il concilio di Gerusalemme. Spero che potremo andarci insieme, magari dopo Natale, in pellegrinaggio.
Da Antiochia, dunque, inviano Paolo e Barnaba a Gerusalemme per affrontare la questione con gli Apostoli. Ne nasce un dialogo sincero, una ricerca di verità che porta al desiderio di includere, non di escludere. Questo tema mi sembra molto attuale: anche nella Chiesa di oggi ci si chiede se davvero ci sentiamo tutti accolti, anche quando siamo un po’ “pagani”, un po’ borderline.
Noi, oggi come allora, viviamo timori simili. Paure per la solitudine, per il futuro incerto, per le guerre nel mondo che bussano anche alle porte dell’Europa. Ma anche paure più quotidiane, nei nostri quartieri, nelle nostre famiglie: figli in difficoltà, matrimoni in crisi, malattie. La lista sarebbe lunga. Siamo fragili, e questa fragilità genera paura. Abbiamo bisogno di consolazione, di essere incoraggiati.
Prima risposta: la prossimità fraterna
Dalle Scritture di oggi emergono due piste di riflessione. La prima ce la offrono gli Atti degli Apostoli: in un momento di divisione e difficoltà, la comunità non si chiude, ma invia delle persone, oltre a Paolo e Barnaba, per portare vicinanza, per incoraggiare. Non inviano solo una lettera, ma persone che “hanno rischiato la vita”, testimoni del Vangelo. È un gesto bellissimo di prossimità concreta: vi mandiamo i nostri migliori per dirvi che vi portiamo nel cuore.
Anche noi possiamo fare tesoro di questo. In parrocchia abbiamo vissuto momenti belli in questi giorni: la festa di maggio, la tombola, la salsiccia, gli spettacoli. Momenti di comunità, dove sentirsi vicini, sostenuti. Anche con le benedizioni, con l’estate ragazzi che verrà. Stare insieme ci consola, ci dà forza, ci fa sentire meno soli nelle nostre fragilità.
Seconda risposta: la dimora di Dio in noi
La seconda pista è quella che ci offre il Vangelo. Gesù dice: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà, e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. Che promessa meravigliosa. Osservare la parola non vuol dire solo obbedire ai comandamenti, ma ascoltarla, custodirla, lasciarsi illuminare. È una relazione viva, d’amore.
E se lo facciamo, Dio viene a noi, prende dimora in noi. Fa casa con noi. È una presenza che consola, che protegge. Il Paraclito, lo Spirito Santo, è proprio questo: colui che sta vicino per aiutare. Vi insegnerà ogni cosa, vi ricorderà ciò che Gesù ha detto. C’è una grande sollecitudine da parte di Dio. Tutto nasce da questo amore: “Se uno mi ama…”.
E noi? Amiamo davvero il Signore? Glielo diciamo? Ricordo quel dialogo di Gesù con Pietro: “Mi vuoi bene?” Tre volte. Anche noi dobbiamo dirglielo, con sincerità. Lì nasce la pace, la Sua pace, quella che il mondo non può dare. Una pace che nasce dal sentirsi amati, visitati da Dio.
Questa presenza di Dio nella nostra vita non elimina tutte le paure, ma le consola, le sostiene. “Non sia turbato il vostro cuore”. Ringraziamo il Signore per questo incoraggiamento forte, che ci dona proprio in vista del suo ritorno al Padre.
Maria, esempio di vicinanza e accoglienza
In questi giorni celebriamo anche la presenza dell’immagine della Madonna di San Luca in città, che ci ricorda la bellezza della sua vicinanza. Dodici porte, sembra proprio l’Apocalisse: una presenza viva in mezzo a noi. Ieri ero a Rimini, alla parrocchia di Maria Ausiliatrice, e riflettevamo proprio su questo: Maria ha vissuto entrambe le dimensioni di cui abbiamo parlato. È andata subito da Elisabetta, portando vicinanza, e ha accolto in sé il Signore. Dio ha preso dimora in lei.
Lasciamoci prendere per mano da Maria. Lei ci insegna ad amare il Figlio, ad essere discepoli autentici. Apriamo il nostro cuore al Signore e accogliamo la grande pace che ci vuole donare.