Mi colpisce sempre come Gesù sappia trarre insegnamenti profondi da situazioni quotidiane, anche dalle più semplici. In questo Vangelo, approfitta di un pranzo per raccontare una parabola che diventa una lezione per la nostra vita. Era stato invitato da un capo dei farisei e osservava come le persone si sceglievano i posti a tavola. Da lì nasce la parabola che mi fa riflettere su me stesso: se il Signore oggi venisse nella mia vita e osservasse come mi muovo, cosa vedrebbe? Come mi comporto in sagrestia con chi mi aiuta? Come mi relaziono con i catechisti, in questi giorni in cui stiamo programmando il nuovo anno? Anche in Curia, dove sono tornato dopo l’estate e ho trovato tutto ancora un po’ fermo, quale atteggiamento ho?
Non si tratta solo di dove ci sediamo a un pranzo, ma della posizione che scegliamo ogni giorno: in famiglia, nel condominio, tra amici, con i colleghi. Questa parabola tocca tantissimi ambiti della nostra vita.
L’insegnamento dell’ultimo posto
Gesù parla di un banchetto di nozze e mi affascina il suo modo di rendere straordinario anche un semplice pranzo. Mi viene in mente ciò che diceva Don Giovanni: considerare il pranzo della domenica come un pranzo di nozze, con la tovaglia migliore, i tovaglioli puliti, la loliera più bella. Gesù dà un’indicazione semplice e radicale: scegli l’ultimo posto. Non il primo. Perché chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato. Due verbi forti, che ci fanno riflettere: esaltarsi è qualcosa che facciamo da soli, mentre essere esaltati da Dio è un dono.
Allo stesso modo, umiliarsi non è umiliarsi nel senso negativo, ma farsi piccoli davanti a Lui. Il Siracide ci invita a compiere le opere con mitezza e umiltà: è una scelta precisa. Ma non è facile, nemmeno per me.
San Benedetto e la radice dell’umiltà
Ho pensato a San Benedetto, che nella sua Regola, nel capitolo 7, parla dei dodici gradi dell’umiltà. Dice una cosa fondamentale: l’umiltà nasce dal timore di Dio, dalla consapevolezza che siamo sempre al suo cospetto. E quando lo riconosco, mi sento piccolo, ma anche amato, salvato, accompagnato. Il problema è che quando cerchiamo i primi posti ci dimentichiamo di Dio e pensiamo di dover combattere con gli altri per affermarci. Ma essere piccoli davanti al Signore significa avere un posto che Lui ci dona.
Fra Cristoforo: dall’orgoglio all’umiltà
Durante le vacanze, ascoltando I Promessi Sposi, ho riscoperto il capitolo su Fra Cristoforo: un uomo di carattere forte, che da giovane, accecato dall’orgoglio, arriva a uccidere. Questo dimostra fin dove ci può portare la ricerca del primo posto. Ma la sua conversione è straordinaria: diventa cappuccino, chiede perdono, e quell’abbassarsi porta alla pace, all’abbraccio. La strada dell’umiltà diventa la sua salvezza, e proprio così può aiutare Renzo e Lucia. Per lui, uomo impulsivo, l’umiltà è stata redenzione, ed è la stessa strada che anche noi possiamo percorrere.
Nell’ultimo posto, dice Gesù, arriva il padrone che ci dice: “Amico, vieni più avanti”. Che bello! Lì incontriamo il Signore. Al contrario, chi prende il primo posto e poi deve retrocedere all’ultimo, resta in un’amara solitudine. Gesù stesso ha scelto sempre l’ultimo posto, fino alla croce: il posto più estremo.
Il senso della seconda parabola: invitare i poveri
La seconda indicazione di Gesù è sorprendente: non invitare amici, parenti o ricchi, ma poveri, storpi, ciechi. Non è un discorso letterale – non significa andare fuori a cercare qualcuno a caso – ma imparare a fare spazio nella nostra vita a chi è bisognoso, chi ci mette a disagio, chi chiede aiuto con urgenza. Questi poveri sono già presenti nella nostra vita: familiari, persone vicine che hanno bisogno. Invitarli significa avere un cuore che ama senza calcoli: non “ti aiuto così tu ricambi”, ma “ti aiuto perché sei stanco, perché hai bisogno”.
Come dice un esempio: pulire la cucina non per ricevere qualcosa in cambio, ma perché vedo la fatica dell’altro. È fermarsi con chi cammina piano, andare al suo passo, ascoltarlo. Gesù ci invita a chiederci: qual è la mia cecità, la mia zoppia? Dove io stesso ho bisogno che qualcuno mi faccia posto? Io ho la grazia di vivere con fratelli che sono campioni di carità, che ogni giorno mi testimoniano questo amore concreto.
Santa Teresina
Mi viene in mente anche Santa Teresina, che leggendo questo passo pensava: “Come posso invitare poveri e storpi nel mio Carmelo?” (MA324). Si accorge che sono le consorelle stesse, anche quelle più difficili, come suor San Pietro, con cui fa fatica ma sceglie di essere gentile. Poi dice: “Non solo con lei, ma con tutte”. È questo lo spirito: accogliere chi ci è vicino, anche se è complicato.
Esperienze personali: il matrimonio e l’incontro inaspettato
Ieri ho celebrato un matrimonio bellissimo di due ragazzi che si sono preparati con noi, e abbiamo battezzato il loro bambino, Gabriele. Alla fine della celebrazione, mi si avvicina un signore che chiedeva soldi e poi un passaggio per Bologna. Non è stato un incontro cercato, ma in quei 15-20 minuti di viaggio lui mi ha raccontato della sua vita, della fatica di dover chiedere, della perdita di dignità. Per me è stato un incontro prezioso, una ricchezza. È proprio questo che intende Gesù: fare posto agli altri, anche quando capita in modo inatteso.
La messa alla Lercaro: un incontro che insegna
Martedì scorso ho celebrato la messa alla Casa di riposo Lercaro e lì ho vissuto un’esperienza che mi ha toccato profondamente. C’era un nuovo malato, un uomo più o meno della mia età, non anziano. Patrizia, che organizza sempre la messa, ci aveva raccontato qualcosa di lui: aveva avuto un incidente in moto ed era rimasto praticamente paralizzato. Durante la celebrazione era molto attento, partecipava con una presenza viva, e a un certo punto ha cominciato a piangere. Sorrideva, eppure non ha potuto fare la comunione perché la paralisi non gli permette di deglutire.
Questo incontro mi ha lasciato senza parole: mi sono sentito profondamente interpellato. Io che magari avevo già detto un’altra messa quel giorno, in modo forse un po’ superficiale, mi sono trovato davanti a quest’uomo che, nella sua condizione di storpio, partecipa con un’intensità incredibile. Mi sono detto: “Andrea, questo è colui che ti deve insegnare come si celebra l’Eucaristia”. Altro che i grandi pontificali in Vaticano: anche quelli sono belli, ma questa esperienza è stata una lezione viva. Quando ci mettiamo vicino a chi soffre, quando abbiamo la grazia di condividere la fede con loro, lì incontriamo davvero il Signore.
L’invito di Gesù: scegliere e fare posto
Questo incontro mi ha fatto riflettere anche sul nostro modo di vivere come comunità, come famiglie, come persone insieme. La lettera agli Ebrei oggi ci ricorda che non ci siamo accostati a un monte pieno di nuvole, fuoco e tuoni, ma a un’assemblea festosa, alla Gerusalemme celeste. E non è qualcosa che dobbiamo aspettare di vivere solo in paradiso: possiamo sperimentarlo già qui, oggi.
Gesù ci invita a due atteggiamenti concreti: scegliere l’ultimo posto e fare posto alle persone bisognose. Se viviamo così, saremo accolti e partecipi del suo banchetto di nozze. È lì che incontriamo la vera gioia: non nel primeggiare, ma nell’abbassarci; non nel chiudere spazi, ma nell’aprirli agli altri. In questo modo, il banchetto del cielo comincia già ora, nella nostra vita di tutti i giorni.