Il podcast di don Andres Bergamini

Omelia mercoledì XXXIV TO. S. Andrea ore 18.30.m4a


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In questi giorni mi lascio accompagnare dal libro di Daniele, che la liturgia ci propone nell’ultima settimana del Tempo Ordinario, alle soglie dell’Avvento. Rimango colpito dalla scena del grande banchetto organizzato dal re Baldassàr: un’immagine di opulenza eccessiva, quasi il simbolo di una civiltà che non riconosce più i propri limiti. È un potere che si autocelebra, autosufficiente, incapace di rendere conto a qualcuno che sia al di sopra di sé.

Mi impressiona soprattutto il gesto sacrilego di prendere i vasi sacri del Tempio e usarli per bere il vino. È come se ogni senso del sacro fosse svanito: ciò che appartiene a Dio viene ridotto a oggetto di divertimento. Addirittura vengono lodati gli idoli di legno, metallo e pietra, divinità senza vita, che rivelano la profondità della corruzione religiosa. In tutto questo sento che c’è un avvertimento anche per me: il rischio di banalizzare ciò che è sacro non è così lontano come potrei pensare.

Proprio mentre il potere si ubriaca di sé stesso, ecco comparire una mano misteriosa che scrive sulla parete. È un messaggio di Dio che irrompe e fa crollare ogni sicurezza. Vedo il re impallidire, spaventato: è l’effetto che la Parola di Dio ha quando smaschera l’illusione del potere umano.

L’ingresso di Daniele: la voce della verità

A questo punto entra in scena Daniele. Lo riconosco come un uomo di Dio: fedele, sapiente, integro. Lo abbiamo visto rifiutare il cibo del re pur di non contaminarsi, e ora lo vediamo parlare senza paura, denunciando l’arroganza di Baldassàr, la sua idolatria e la sua inconsapevolezza riguardo alla propria fragilità.

Daniele interpreta le tre parole misteriose scritte dalla mano:

Mene: numerato. Il re viene avvertito che i suoi giorni sono contati, che il suo potere non è eterno.

Tekel: pesato. Egli è stato trovato leggero, inconsistente, vuoto.

Peres: diviso. Il suo regno è spezzato e sarà consegnato ad altri.

In questo giudizio severo sento la forza della Parola di Dio: essa non accarezza, ma smaschera, illumina, raddrizza.

I “vasi sacri” della mia vita

Di fronte a questa scena mi chiedo quali siano i “vasi sacri” che Dio ha affidato anche a me. Ogni persona, ogni relazione, la fede, il tempo, il linguaggio… tutto ciò che compone la mia vita è prezioso. Eppure posso usarlo male, con superficialità o mancanza di cura. La tentazione di banalizzare il sacro è reale.

Eppure, la mano che scrive non è solo minaccia. La Parola di Dio non viene per condannarmi senza scampo, ma per salvarmi. Il giudizio di Dio è una luce che apre alla conversione, che mi ricorda quanto sono preziose le cose che Lui ha messo nella mia vita. È un invito a ritrovare la sacralità del quotidiano, a custodire con amore ciò che non è mio ma Suo.

L’impegno che voglio rinnovare

Davanti a questa pagina rinnovo il mio impegno: desidero essere un custode fedele dei vasi sacri che Dio mi affida. Non voglio essere trovato leggero, inconsistente, ma saldo e perseverante nella cura del bene che mi è stato consegnato.

Il Vangelo mi ricorda che nessun capello del mio capo andrà perduto e che sarà la perseveranza a salvare la mia vita. Anche se non mancano difficoltà, prove o persecuzioni, la via della cura e dell’attenzione è quella che il Signore mi chiede e che Lui stesso ha percorso, dando la vita per ogni persona, anche per chi è peccatore, ma ai suoi occhi preziosissimo.
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Il podcast di don Andres BergaminiBy Andres Bergamini