Il podcast di don Andres Bergamini

Omelia mercoledì XXXIII settimana TO S. Andrea


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Il dolore di un giorno che sconvolge la vita

Oggi siamo davanti alla vicenda di una madre che vive un giorno terribile, forse il più tremendo che un cuore umano possa sopportare: perdere in un solo giorno tutti e sette i suoi figli. In un momento preciso della sua storia, della sua vicenda umana, lei incontra un tiranno spietato e in quell'incontro perde tutto ciò che aveva di più prezioso.

Mi ha colpito profondamente il modo in cui questa madre si rapporta a ciò che sta accadendo. Di fronte al dono dei suoi figli, lei riconosce con umiltà e stupore il mistero della vita: «Non so come siate apparsi nel mio seno, non vi ho dato il respiro e la vita, né io ho dato forme alle membra di ciascuno di voi». È come se dicesse: “Siete nati da me, ma io non sono l’autrice del mistero che vi ha generati”.

Il riconoscimento del dono ricevuto

Pur essendo lei la loro madre, riconosce con chiarezza che non è stata lei la fonte della vita: i figli sono doni troppo grandi per potersene attribuire il merito. Il respiro, la vita, la forma del corpo… tutto viene dall’alto, dal Creatore. Lei stessa afferma che è Dio, il creatore dell’universo, che ha provveduto alla generazione di tutti.

La generazione è un atto misterioso, immenso, un’opera creativa che ha trovato in lei solo una porta, un passaggio attraverso cui queste creature sono entrate nel mondo. E tuttavia, parlando al figlio più giovane, non dimentica il suo ruolo concreto: gli chiede addirittura pietà per averlo portato in grembo nove mesi, per averlo allattato tre anni, allevato, accompagnato nella crescita, nutrito in ogni senso. In quella relazione bella e vissuta, c’è tutta la concretezza dell’amore materno.

Il dramma della morte e la certezza della misericordia

Poi però arriva la morte, improvvisa, violenta, ingiusta. La madre lo sa. Eppure, di fronte a questa tragedia, conserva una speranza incrollabile: Dio glieli riconsegnerà. Al figlio più giovane dice:
«Non temere questo carnefice, mostrati degno dei tuoi fratelli, accetta la morte perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia».

Nel cuore del dramma, questa madre contempla le opere di Dio: dalla creazione, al respiro, alle membra del corpo, fino alla promessa della vita eterna. Lei sa che la comunione non sarà spezzata per sempre, che la morte non ha l’ultima parola. È una donna che riconosce di essere stata un’umile collaboratrice di Dio nell’opera della vita, e continua a confidare che nessuna crudeltà umana potrà distruggere quel dono.

Ed è grazie alla sua fedeltà — alla fede, alla rettitudine, al non cedere alle lusinghe del tiranno — che può custodire questa speranza.

Una domanda che tocca anche la mia vita

Tutto questo mi interroga profondamente. Anche io, come lei, sono inserito nel disegno di Dio da sempre. Anche a me è stato dato il respiro, la vita, le membra. E anche io devo fare i conti con la morte, con gli strappi, con le ferite della storia. A volte, persino i nostri figli o le relazioni più care possono essere colpite duramente. Eppure la Scrittura mi insegna oggi che tutto è nelle mani di Dio, che la sua visione supera il giorno terribile della prova.

Il legame con la parabola dei talenti

Questa prospettiva si collega alla parabola del re che affida i talenti ai suoi servi. Come la madre, anche i servi non devono nascondere il dono, ma curarlo, farlo crescere, lavorarci. Ogni dono richiede impegno, responsabilità, creatività, e poi viene riconsegnato al Signore che lo fa fruttificare ancora di più. La vita stessa è un talento ricevuto, affidato, coltivato e infine restituito.

La storia della madre e quella dei talenti si intrecciano: entrambe parlano di un disegno più grande, di un percorso che attraversa la vita e la morte, ma che sboccia nella comunione eterna.

Affidare la vita al Re che dona tutto

E allora sento che posso affidare davvero tutta la mia vita — e quella dei miei cari — al Signore che è il vero Re, Colui che distribuisce i doni e che gioisce per ciò che gli riportiamo. Lui mi affida nuove responsabilità, nuove possibilità, nuovi frutti.

Tutto questo è possibile perché il suo Figlio vero, Gesù, si è consegnato per amore, ha dato la vita per portare frutto. Io desidero seguirlo, imitarlo, e vivere nella certezza che anche per me ci sarà un frutto buono, abbondante, eterno.
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Il podcast di don Andres BergaminiBy Andres Bergamini