Il podcast di don Andres Bergamini

Omelia giovedi XXX settimana TO Cristo Re


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Vivere non per sé, ma per il Signore

Quando rifletto su questo brano, mi colpisce subito l’immagine del pastore che ha cura delle sue pecore. Sono sue, gli appartengono. Alla luce di questa immagine, risuonano forti le parole di san Paolo: “Nessuno di noi vive per sé stesso”. È una domanda che mi attraversa: per chi vivo? per cosa vivo? Qual è il destinatario delle mie fatiche, della mia quotidianità? A volte rischio di vivacchiare, come diceva Pier Giorgio Frassati, invece di alzare lo sguardo verso il Signore. Nella nostra società, così individualista e frammentata, è facile ripiegarsi su di sé: “la mia vita è mia, faccio come voglio”. Ma anche noi cristiani possiamo cadere in questo inganno, pur vivendo in famiglia o in comunità. La vita insieme non è sempre facile: richiede di prendersi per mano, di portarsi reciprocamente, e proprio lì si rivela quanto sia forte la tentazione di vivere solo per sé.

Siamo del Signore

San Paolo ci regala oggi una verità bellissima: “Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore.” Queste parole abbracciano tutta la nostra esistenza, ogni età, ogni condizione, ogni perdita. Il morire non è solo quello fisico: è anche il perdersi, come la pecorella smarrita che il Pastore riporta sulle spalle. Eppure, anche nei nostri smarrimenti, siamo del Signore, gli apparteniamo. È Lui che ha dato la vita per noi, è morto e risorto per amore nostro.

L’appartenenza che trasforma la vita

Essere del Signore dà un colore nuovo alla nostra vita: il colore del Vangelo, dell’amore. Come ricordava san Paolo nella pagina di ieri, non siamo debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole. Vivere come appartenenti a Cristo significa sentirci sempre in debito d’amore: ogni azione che compiamo nasce dal bisogno di restituire l’amore che abbiamo ricevuto. Siamo debitori perché siamo stati amati per primi.

Fratelli, non giudici

Allora si comprende perché san Paolo ammonisca: “Perché giudichi il tuo fratello? Perché disprezzi il tuo fratello?” Nella comunità di Roma c’erano tensioni: alcuni si sentivano “forti” nella fede e guardavano dall’alto in basso i “deboli”, per esempio nelle questioni legate al cibo o alle pratiche religiose. Ma Paolo ricorda che anche il fratello debole appartiene a Cristo, anche per lui Cristo è morto. Siamo tutti ugualmente in debito d’amore, tutti fratelli. È su questo punto che si gioca la qualità delle nostre relazioni, soprattutto quelle più importanti, più quotidiane.

La responsabilità davanti a Dio

Questo ci richiama a una responsabilità grande. Dice il Signore: “Ogni ginocchio si piegherà davanti a me e ogni lingua renderà gloria a Dio.” Ciascuno di noi dovrà rendere conto di sé stesso a Dio. È una parola forte, severa, che ci interpella: che colore ho dato alla mia vita? Per chi ho vissuto? Per chi ho speso le mie energie, i miei giorni? Il Vangelo, ancora una volta, ci riporta al cuore della nostra esistenza e ci invita a ringraziare: perché il Signore non ci lascia soli, ma ci prende sulle spalle, come il pastore con la pecorella smarrita.

Sulle spalle del Pastore

Alla fine, ciò che conta è sentirci pecorelle riportate da Lui, amate e custodite. Non apparteniamo a noi stessi, ma a Cristo. E questa consapevolezza ci dona pace e libertà: vogliamo vivere con Lui, per Lui, insieme, come fratelli e sorelle, debitori solo d’amore.
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Il podcast di don Andres BergaminiBy Andres Bergamini