Il podcast di don Andres Bergamini

Omelia S. Giovanni XXIII sabato XXVII settimana TO C S. Andrea


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Nel libro del profeta Gioele, mi colpisce l’immagine grandiosa della “valle di Giosafat”, la valle del giudizio, della decisione. È il luogo dove si incide nella storia la Parola di Dio, dove il Signore convoca e scrive il suo giudizio. È un’immagine potente che oggi sento profondamente legata alla memoria di Papa Giovanni XXIII e al Concilio Vaticano II. Anche quello fu un momento di convocazione — non per distruggere o concludere qualcosa, ma per discernere ciò che lo Spirito stava dicendo alla Chiesa.

Come nel testo di Gioele, dove le genti salgono a Gerusalemme per incontrare Dio, anche il Concilio fu una salita, una riscoperta della presenza divina nel cuore della Chiesa. Gioele parla della falce e della vendemmia, immagini di compimento e maturità: così il Vaticano II è stato un tempo di maturazione per la Chiesa. In esso sono giunti a compimento tanti semi antichi e sempre vivi — la centralità della Parola, la liturgia, la vocazione universale alla santità, il dialogo col mondo — raccolti in una sintesi che ha dato origine a un “vino nuovo” che da allora continua a scorrere nella Chiesa.

La voce che ruggisce da Sion: una Chiesa in ascolto

Gioele dice che “Dio ruggirà da Sion, da Gerusalemme farà udire la sua voce”. È un’immagine potente: Dio che non smette di parlare e la Chiesa che torna ad ascoltarlo con forza. Nel Concilio questo ascolto si è rinnovato. Papa Giovanni ricordava che il Vangelo non è cambiato: siamo noi che cominciamo a capirlo meglio, ad accoglierlo in modo più chiaro ed efficace.

La voce di Dio non distrugge mai, ma costruisce; non condanna, ma illumina e salva. È segno di misericordia per tutti i popoli. E in questa rivelazione, Gioele annuncia: “Allora saprete che io sono il Signore vostro Dio, che abito in Sion”. È la promessa di una presenza stabile, fedele, che non abbandona il suo popolo.

Papa Giovanni aveva un sogno: che la Chiesa diventasse trasparenza della presenza di Dio, luce per le genti. Non a caso uno dei documenti fondamentali del Concilio si chiama Lumen Gentium: la Chiesa come segno luminoso di Dio nel mondo. Questo resta attualissimo anche per noi oggi: siamo chiamati a essere luce nelle nostre famiglie, nelle comunità, nelle città, testimoni della presenza del Signore in mezzo alla storia.

Il vino nuovo: una Chiesa sorgente di vita

Gioele conclude con un’immagine di abbondanza e gioia: “Le montagne stilleranno vino nuovo, il latte sgorgherà per le colline, una fonte zampillerà dalla casa del Signore”. È un quadro di nuova creazione, una sorgente che si riattiva, un flusso di vita e di gioia che attraversa tutto.

Il Concilio ci ha consegnato proprio questa immagine di Chiesa: una comunità che non trattiene, ma lascia scorrere; che non si chiude, ma apre; che nutre e accoglie. Una Chiesa materna, misericordiosa, capace di sporcarsi le mani, come più volte ci ha ricordato anche Papa Francesco. È una Chiesa che lascia entrare la luce nella propria casa, che fa fluire la grazia di Dio verso il mondo.

E Gioele chiude dicendo: “Il Signore dimorerà in Sion”. Questa dimora di Dio tra gli uomini è Gesù Cristo stesso, il Dio incarnato in mezzo a noi. È in Lui che si compie ogni promessa di presenza e di amore.

Beati coloro che ascoltano la Parola

Il Vangelo di oggi aggiunge una beatitudine che illumina tutto questo cammino: “Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano”. Non si contrappone alla beatitudine di Maria, ma la completa. È bello notare che nel testo originale non c’è un “piuttosto” di contrapposizione, ma un “anche”, un “soprattutto”: sì, beata la Madre, ma beati anche coloro che, come lei, ascoltano e custodiscono la Parola.

Uno dei grandi doni del Concilio è stato proprio questo: rimettere la Bibbia nelle mani di ogni fedele. Ascoltare la Parola di Dio non è un dovere, ma una beatitudine, una gioia. È Dio stesso che ci parla, che ci consola, che ci guida e ci illumina.

Oggi, allora, sento di dover ringraziare profondamente Papa Giovanni XXIII: per il suo coraggio di convocare il Concilio, per la sua visione aperta e profetica, per la sua bontà che ha reso la Chiesa più vicina alla gente e più capace di parlare al mondo contemporaneo. In lui, e attraverso il suo gesto, continua a scorrere quel vino nuovo dello Spirito che rinnova la Chiesa e la fa sorgente di vita per tutti.
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Il podcast di don Andres BergaminiBy Andres Bergamini